Discorso 58 – Come fai a sapere se sai salvato?




Come fai a sapere se sarai salvato? / Articolo di Fritz Wolf 00, 01-12-2003

Cosa devo fare per essere salvato?

Un cristiano rinato può abbandonare la fede?

I fondamenti della salvezza.

Come posso sapere…?

Stiamo camminando nella luce o nell’oscurità?

Esercitiamo giustizia?

Amiamo?

Abbiamo il Figlio di Dio?


(Come fai a sapere se sarai salvato? / Articolo di Fritz Wolf 00, 01-12-2003)

Questo articolo è stato scritto dal nostro visitatore Fritz Wolf. L’autore, nato nel 1964, vive a Darmstadt, è sposato con tre figli e dal 1992 è membro della comunità cristiana di Darmstadt, una libera confraternita cristiana. Cresciuto in una famiglia cattolica, Fritz Wolf è stato un membro attivo della chiesa. Durante il periodo scolastico entrò in contatto con un gruppo di carismatici, a cui si unì dopo aver completato gli studi. La questione relativa alla certezza della salvezza, sollevata in virtù del suo background cattolico e carismatico, gli ha sempre causato problemi e conflitti interiori. Perché da una parte c’erano quelli che, nonostante desiderassero condurre una vita gradita a Dio, non erano mai certi della loro salvezza, e dall’altra c’erano quelli che erano certi di avere in tasca il "passaporto per il regno dei cieli", ma poco si preoccupavano di condurre una vita gradita a Dio. Tuttavia, la questione della certezza personale della salvezza è così importante da aver indotto Dio a lasciarci un intero libro biblico che ruotasse esclusivamente intorno alla domanda: come faccio a sapere se sarò salvato?

La straordinaria qualità dell’opera dell’autore, proposta qui di seguito, risiede nella sua conformità alla Scrittura e nella chiarezza delle sue dichiarazioni. Seppure probabilmente non lo sia a prima vista, una di queste dichiarazioni mi sembra particolarmente importante: l’invito a "non mollare". Questo copre l’intero spettro dell’essere cristiani, dalla conversione alle fasi del dubbio e della tentazione di abbandonare, fino alla certezza che con l’aiuto del Signore continueremo sempre a ricevere la forza di "non mollare". (Fritz Horak)

(L’articolo, qui di seguito riproposto, è stato estratto dal sito web https://www.bibelkreis.ch/WolfFritzper gentile concessione dell’autore.)

e-mail: Fritz Wolf

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Insieme ad altri fratelli e altre sorelle, Fritz Wolf supporta anche una comunità evangelica cristiana in Romania (Crestin dupa evanghelie). Le donazioni servono a sostenere e ad assistere vedove e orfani.

Conto corrente per effettuare donazioni: Verein für Mission & Diakonie / Causale: Rumänien
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Introduzione

Cosa devo fare per essere salvato?

"Ora Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri segni miracolosi, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome." (Giov 20,30-31)

Con queste parole l’apostolo Giovanni riassume il quarto Vangelo. Nonostante trattino un argomento specifico, è impossibile riassumere il significato dei 21 capitoli di questo Vangelo in un unico articolo: Come può essere salvato l’individuo? Hanno un unico protagonista: il Signore Gesù Cristo. L’accesso al cielo è legato inseparabilmente alla persona del Signore Gesù. Leggendo il Vangelo, comprendiamo che qui non abbiamo a che fare con una "check-list di dieci punti", bensì ci viene presentata una persona, l’unica persona nella storia dell’umanità attraverso la quale possiamo salvarci.

La via del cielo passa attraverso Gesù Cristo, che dice di essere la via, la verità e la vita e nessuno viene al Padre se non per mezzo di Lui (Giov 14,6). La via della salvezza passa attraverso il confronto con la persona di Gesù Cristo. Dunque, la risposta a questa domanda non sta nell’adesione a una determinata chiesa o nell’osservanza di un determinato sistema dottrinale o di regole, ma consiste nella fede nel Signore Gesù Cristo. Ora molte persone diranno di "credere in Dio". Ma la fede salvifica ha un altro significato.

"Credere nel Signore Gesù" non significa solo accettare l’esistenza di Dio, ma comprende intrattenere una relazione personale con il Signore Gesù Cristo. Il primo passo è il riconoscimento della nostra indegnità davanti a Dio, della nostra assoluta incapacità di condurre una vita gradita a Dio contando solo sulle nostre forze. Ogni essere umano è colpevole davanti a Dio, nessuno è giusto, neppure uno! (Rom 3,10). Dio non riconoscerà neppure i nostri sforzi sinceri, perché i suoi criteri sono assoluti. Solo chi ammette di essere colpevole davanti a Dio e di meritare la morte eterna è nella posizione di comprendere che, se non sarà in grado di sopportare la propria colpa, qualcun altro dovrà farlo al posto suo.

Per questo il Signore Gesù Cristo è venuto dal cielo come essere umano, per diventare il servitore di tutti e subire la necessaria punizione al posto nostro. "Credere in Lui" significa accettare personalmente il sacrificio del Signore. Ma ciò vuol dire anche consegnarsi al Signore Gesù, affinché Lui sia anche il nostro Signore, che ha il diritto di disporre di noi. L’alleanza di Dio per la salvezza, che Egli ci ha offerto in Gesù, può solo essere completamente accettata o completamente rifiutata. L’alleanza è immutabile e non negoziabile.

La salvezza è gratuita, dobbiamo solo accettare l’alleanza di Dio, non dobbiamo fare nient’altro. è gratuita, ma non costa poco. A Gesù è costato tutto; per la nostra salvezza è stato nientemeno necessario il suo sacrificio sulla croce. "Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna." (Giov 3,16). Dobbiamo accogliere Gesù nei nostri cuori, poi Egli ci donerà la nuova vita, che è il presupposto per accedere al Suo regno.

Questa viene descritta come la rinascita dall’acqua e dallo Spirito; il Signore Gesù ce ne parla in Giov 3. A meno che non rinasciamo, non possiamo vedere il Regno di Dio. Nella nostra natura siamo esseri malvagi e peccatori, nessuno escluso. Così non possiamo piacere a Dio, di conseguenza dobbiamo ricevere una nuova vita da Dio. Gesù ha pagato il prezzo di questa nuova vita sulla croce, e noi dobbiamo accettarla, così Dio può donarci la rinascita. Non si tratta di una rinascita dalla carne, nel senso che si ritorna nel grembo materno e si nasce di nuovo, ma si tratta di una rinascita dallo Spirito (nella risurrezione! Mat 19:28 / nota FH), in cui ci viene donata una nuova vita da Dio, senza che questo processo si percepisca dall’esterno. Solo chi ha questa nuova vita può accedere al Regno di Dio.

Come già accennato, l’argomento non può essere trattato né in maniera concisa né in modo definitivo; consiglio, invece, di confrontarsi con i 21 capitoli del Vangelo di Giovanni, affinché si possa riconoscere che Gesù è il Cristo, l’Unto, che Dio ci ha mandato, e affinché nella fede si possa avere la vita eterna nel suo nome.


Un cristiano rinato può abbandonare la fede?

Il chiaro "no" del movimento della confraternita cristiana viene messo in discussione da altri cristiani, che lo vedono con estremo scetticismo. A questa domanda si può rispondere sia con un "sì" che con un "no": "No", perché un cristiano rinato è suggellato dallo Spirito Santo, ha ricevuto nuova vita da Dio e Dio garantisce di portarlo fino a destinazione. Ma: non tutti coloro che credono di essere rinati possono essere certi della vita eterna. Recitare una pia preghiera, alzare la mano all’appello o avere una sensazione non bastano a fare un cristiano. Alcuni peccati escludono dalla salvezza (Gal 5). Certamente la Scrittura testimonia la certezza della salvezza (Giov 6,39-40, Giov 10,27-30, Fili 1,6, Rom 8,38-39), ma ci sono anche passaggi che sottolineano la necessità di perseverare e di non mollare, di cui non ci possiamo liberare semplicemente spazzandoli sotto il tappeto o dando una spiegazione teologica (1Cor 10,12, Apoc 3,16). La Bibbia è priva di contraddizioni, tuttavia contiene dei contrasti che ci forniscono un quadro per stabilire cosa significano determinate dichiarazioni e cosa no. La Bibbia ci mette in guardia dalla possibilità di potersi seriamente sbagliare con questa domanda: Mat 7,21-23 e Luc 6,46.

Per quanto possa essere difficile rispondere alla domanda se un cristiano rinato possa andare in perdizione, la conseguenza è la stessa: in cielo non ci sono non credenti e nell’inferno non ci sono credenti. La realtà della rinascita si manifesta anche nel corrispondente cambiamento di vita, come verrà spiegato più nei dettagli in seguito. Per esperienza personale posso dire che, anche se un cristiano rinato può attraversare gravi crisi, alla fine non si allontanerà mai così tanto dal Signore da diventare un bestemmiatore o rinnegare la fede o finire a vivere nei peccati descritti in Ga  5. Se qualcuno si allontana in maniera così decisa dal Signore da voltargli completamente le spalle e rinnegarlo consapevolmente, allora nutro seri dubbi sul fatto che questi gli sia mai appartenuto, indipendentemente dal tipo di testimonianza che ha avuto in passato. Quindi la questione relativa al fatto che un cristiano rinato possa andare in perdizione, è piuttosto di natura teorica. Più avanti scopriremo che ci sono anche altri importanti criteri per la confessione di fede che escludono a priori una "confessione senza il corrispondente cambiamento di vita". La Bibbia chiarisce che chi è rinato non può andare in perdizione; tuttavia, ci sono anche le chiare esortazioni a perseverare e a non mollare. Poiché la Bibbia non si contraddice, parto dal presupposto che chi ha la nuova vita nel Signore Gesù Cristo è anche uno che persevera e non molla.

Un peccatore non va in cielo, così come un santo non va all’inferno. Ora è del tutto indifferente se il peccatore che va all’inferno abbia confessato (esteriormente) la fede nel Signore Gesù Cristo oppure no. Indifferente è anche il fatto che una volta possa essere stato un autentico cristiano o che possa solamente aver ingannato se stesso e gli altri. Così un santo andrà sicuramente in cielo. Secondo la Scrittura, un santo è uno che è stato selezionato per Dio, cioè che attraverso la nuova vita è stato selezionato per Dio, perché in definitiva non si tratta altro che di questo. Ora, che si tratti di un’autentica conversione dal fango o dell’ottava conversione dopo sette andate male, anche qui è indifferente. La cosa importante è che tu sia convertito, non necessariamente quando ti sei convertito. Dobbiamo prendere la Scrittura così com’è e seguirla nella pratica. Le discussioni teoriche senza effetti pratici sono inutili, costano tempo ed energie preziose e creano confusione e conflitti. Qui non dovremmo lottare per i dogmi umani, ma per la verità della Scrittura.


(Nota di F.H. sull’affermazione di Fritz Wolf per cui un "vero" cristiano rinato non può più abbandonare la fede.)

La summenzionata risposta di Fritz Wolf alla domanda "Un cristiano rinato può abbandonare la fede?": "Il chiaro "no" del movimento della confraternita cristiana viene messo in discussione da altri cristiani, che lo vedono con estremo scetticismo." è assolutamente giustificato. Qui, infatti, i fratelli delle confraternite cristiane si sbagliano. Questa visione, infatti, sostenuta dalle confraternite cristiane, secondo la quale un "vero" cristiano (rinato*)) non può più abbandonare la fede, non è biblica e, di conseguenza, è falsa. La prova biblica di questo si trova nella lettera agli Ebrei:

è impossibile, che coloro, i quali sono stati fatti partecipi dello Spirito santo, e sono (poi) precipitati; si rinnovellino un’altra volta a penitenza.

Ebr 6,4 Imperocché è impossibile, che coloro, i quali sono stati una volta illuminati, hanno anche gustato il dono celeste, e sono stati fatti partecipi dello Spirito santo, 6,5 Hanno gustato egualmente la buona parola di Dio, e le virtù del futuro secolo, 6,6 E sono (poi) precipitati; si rinnovellino un’altra volta a penitenza, crocifiggendo nuovamente in loro stessi il figliuolo di Dio, e all’ignominia esponendolo. Ebr 6,4-6;

(Vedi anche 2Piet 2,20-22).

Se, dunque, qualcuno è stato fatto partecipe dello Spirito Santo ma poi ha abbandonato la fede, non può essere ricondotto di nuovo al ravvedimento. Quindi dobbiamo distinguere se questo qualcuno che ha ricevuto lo Spirito Santo ha successivamente abbandonato la fede o se ha solamente peccato, si è pentito e ha chiesto perdono al Signore.

Anche il motivo di ciò è ovvio: se qualcuno ha conosciuto lo Spirito Santo e ciononostante ha poi abbandonato la fede, in pratica ha bestemmiato contro lo Spirito Santo, un peccato che – come dice Mat 12,32 – non può essere perdonato.



*) Un "rinato" non può mai abbandonare la fede, poiché non esistono esseri umani rinati sulla terra. La rinascita è un evento della Risurrezione e avviene quindi dopo la morte dell’essere umano.

Nella rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul trono della sua gloria.

Mat 19,28 E Gesù disse loro: In verità vi dico, che voi, che mi avete seguito, nella rigenerazione, allorché il Figliuolo dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, sederete anche voi sopra dodici troni, e giudicherete le dodici tribù d’Israele, Mat 19,28;

Il Giudizio Universale.

Mat 25,31 «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. 25,32 E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; Mat 25,31-32;

(Vedi anche Discorso 85: "Vera e falsa Rinascita.")



Una domanda pastorale difficile.

Quelli che dovrebbero farsi delle domande sulla certezza della propria salvezza non se ne fanno, mentre quelli che dubitano costantemente della propria salvezza dovrebbero piuttosto affidarsi alle promesse secondo cui Dio li condurrà fino a destinazione. Predicare questo argomento nella comunità cristiana comporta il rischio di creare un gruppo che si culla in una falsa certezza, mentre altri gruppi sprofondano in inutili dubbi. Tuttavia, è un argomento importante di cui si deve parlare perché riguarda la nostra vita eterna e la nostra morte eterna.


I fondamenti della salvezza.

Come si viene salvati?

Atti 16,31: qui troviamo la risposta alla domanda del carceriere: "Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia." 1 Cor 3: "Poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù". Atti 4,12: "In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati." Giov 14,6: "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".

Il fondamento della nostra salvezza non è un sacramento, un rituale religioso o una serie di azioni o di espressioni dogmatiche, ma una persona: Gesù Cristo. Il principale argomento (secondario) della Bibbia è il fondamento della salvezza, che, tuttavia, si basa sull’argomento principale: Gesù Cristo. Ma non c’è una "check-list di 10 punti" in base alla quale poter testare la propria salvezza e quella degli altri. Le risposte che Gesù e gli apostoli davano cambiavano in base alla situazione e all’atteggiamento del cuore di chi poneva le domande, senza, tuttavia, contraddirsi: Ecco come rispose Paolo alla domanda del carceriere: "Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia"; mentre Gesù quando il giovane ricco gli fece la stessa domanda, gli consigliò di osservare i comandamenti (Mar 10,17 e ss.). Quando il giovane ricco rispose di osservare tutti i comandamenti, Gesù gli disse di vendere tutto e di darlo ai poveri, e poi di seguirlo.

Paolo e Gesù si contraddicono? No, ma la loro risposta dipendeva dall’atteggiamento del cuore di chi poneva le domande. Il carceriere era consapevole della sua perdizione, si era arreso e voleva farla finita con la vita. In questo modo Paolo ha potuto indirizzarlo verso Gesù, che dà la vita. Il giovane ricco, a mio parere, voleva solo la conferma del Signore di trovarsi già sulla retta via. A metà della sua vita voleva che Dio la certificasse con la firma. Innanzitutto, il Signore Gesù dovette prima rendere manifesta la condizione del cuore del giovane. Gli fece una richiesta impossibile: "Osserva i comandamenti". Con una certa presunzione il giovane disse che osservava i comandamenti da sempre. Gesù avrebbe potuto dimostrare facilmente che non era così, ma per potergli indicare il punto dolente della sua vita, gli consigliò di vendere tutti i suoi beni. Naturalmente ciò non significa che, come principio generale, dobbiamo vendere tutto; il cuore del giovane ricco, tuttavia, era attaccato alla sua ricchezza, e non è possibile servire Dio e Mammona contemporaneamente.

Un altro fondamento è il sacrificio vicario del Signore Gesù, che è assolutamente necessario per noi. Tutti i santi dell’Antico Testamento ne erano consapevoli e sapevano che senza un sacrificio non potevano avvicinarsi a Dio. Ci siamo meritati la morte per colpa nostra. Così Abele ha sacrificato un agnello del suo gregge, che cioè è morto al posto suo. Caino ha sacrificato l’opera delle sue mani, pensando così di soddisfare le aspettative di Dio. Il sacrificio di Gesù Cristo è valido per tutti noi, è sufficiente, unico, non ripetibile e non deve essere completato da noi. Possiamo accettarlo completamente o rifiutarlo completamente. Non possiamo completarlo o aggiungere qualcosa che viene da noi perché non abbiamo alcuna voce in capitolo. Il sacrificio sarà efficace per noi solo quando ci consegneremo al Signore Gesù Cristo come Sua proprietà. Sulla croce Cristo ha pagato il prezzo per tutti noi, affinché appartenessimo a Lui e non più a noi stessi. Così siamo anche obbligati a riconoscerlo come il Signore della nostra vita.

Il ruolo delle opere

"Infatti, è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti, siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo." (Efes 2,8)

Salvati dalla fede, non in virtù di opere, ma creati per fare opere buone: ecco il quadro che descrive il ruolo delle opere nella maniera più chiara possibile. Questo quadro esclude la possibilità di potersi guadagnare la salvezza – come insegnano, ad esempio, i cattolici – così come esclude la possibilità di considerare la salvezza in Cristo come un modo per autorizzare un cristiano a essere schiavo di una condotta di vita dissoluta. L’obbedienza alla Parola di Dio non è un mezzo per la salvezza, ma la prova che siamo stati salvati. Colui che gli appartiene e lo ama, che ha lasciato la sua vita per Lui, non desidererà altro che compiacere Colui che lo ha salvato. Così come un albero di mele sano con un clima favorevole produrrà mele, allo stesso modo la vita che il rinato ha ricevuto da Dio produrrà frutti divini. Il frutto non è il mezzo per la salvezza, ma un immancabile risultato.


Come posso sapere…?

… se io stesso sonò salvato?

“Vi ho scritto queste cose perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio” (1Gio 5,13). La prima lettera di Giovanni si pone questa domanda come tema fondamentale. Chi ha problemi con questa domanda non potrà far di meglio che leggere ripetutamente questa lettera e riesaminare ripetutamente i punti lì citati. Mi soffermerò dettagliatamente sui singoli punti. L’importanza di questa domanda è chiaramente evidenziata dal fatto che esiste un intero libro della Bibbia dedicato solo a questo argomento.

… se la mia controparte è salvata?

"L’uomo guarda all’apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore" sono le parole che Dio rivolse a Samuele e che sono attuali ancora oggi. (1Sam 16,7). Gesù dice: "Li riconoscerete dunque dai loro frutti". (Mat 7,18-20). Anche in questo caso la Bibbia fornisce un quadro per comprendere i passaggi biblici contrastanti. Dobbiamo esaminare, ma non dobbiamo giudicare. Il giudizio sull’essere umano spetta solo a Dio, e Dio non ha delegato nessun altro a rappresentarlo in giudizio.


(Nota di F. H. sull'affermazione di Fritz Wolf: "Il giudizio sull'uomo spetta solo a Dio, che non lo ha delegato a nessuno")

Questa affermazione non è del tutto corretta, perché Dio ha fatto proprio questo: il giudizio è stato delegato. E cioè al Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo. Solo gli israeliti sono giudicati dai dodici discepoli. (Mat 19:28 Nelle Bibbie italiane la parola greca "palingenesia" è erroneamente tradotta con "nuova creazione". Nella maggior parte delle Bibbie tedesche e inglesi è tradotto correttamente come "rinascita".)

Il Padre non giudica nessuno, ma ha affidato tutto il giudizio al Figlio.

Giov 5,22 Inoltre, il Padre non giudica nessuno, ma ha affidato tutto il giudizio al Figlio, 5,23 affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. 5,24 In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Giov 5,22-24;

(Vedi anche Capitolo13: "Il Giudizio Universale. – Il Giorno del Giudizio."



’altra parte, in molti passaggi siamo esortati abbastanza chiaramente a esaminare gli altri distinguendo se sono qualificati per la comunità cristiana o per svolgere determinati servizi. Tuttavia, non ci può essere la certezza assoluta nella nostra capacità di giudizio, ci siamo sbagliati in passato e continueremo a sbagliarci anche in futuro, perché ci è vietato guardare nel cuore dell’essere umano. Tuttavia, ci sono criteri univoci sulla base dei quali possiamo stabilire in maniera definitiva che un individuo non sarà salvato e che, di conseguenza, non potrà neanche partecipare, ad esempio, al frazionamento del pane:

  perseverare in certi peccati (Gal 5:1-26)

  falsa dottrina (2Gio 1:9)

  frutto assente o cattivo (Mat 7:15-20)

  testimonianza non chiara: Chi non ha compreso la via della salvezza, non può neanche essere salvato. Il concetto di "salvezza passiva", dove una persona adulta viene salvata senza o addirittura contro la sua volontà, è estraneo alla Bibbia.

Infine, dobbiamo riconoscere che l’uomo guarda all’apparenza, ma il Signore guarda al cuore. A volte ci siamo sbagliati in passato e ci sbaglieremo anche in futuro perché la nostra capacità di giudizio è limitata. Ma spesso anche l’umano timore reverenziale o il falso rispetto umano ci impediscono di applicare correttamente i criteri che la Parola di Dio ci offre e senza rispettare gli altri. Se lo facessimo, proteggeremmo la comunità cristiana di Dio da una moltitudine di errori e irritazioni.


(Nota di F.H. sull’affermazione di Fritz Wolf: " posso sapere … se io stesso sono salvato?")

La risposta a questa domanda sarà sempre un chiaro "NO". Non importa se si tratta di una persona senza Dio che può giungere alla giusta fede in Gesù Cristo in anni successivi o di un fratello credente in Cristo che era già benedetto con lo Spirito Santo e tuttavia è caduto, come descrive lo scrittore agli Ebrei in Hbr 6,4-6 sopra.

E non solo perché "L’uomo vede ciò che ha davanti agli occhi, ma il Signore guarda il cuore", come dice il fratello Wolf citando il profeta Samuele. Ma perché qui sulla terra non possiamo sapere definitivamente se siamo salvati o meno! Fino all’ultimo secondo della nostra vita, c’è la possibilità che il nostro "stato di salvezza" possa cambiare. Solo dopo la morte possiamo essere certi di aver scelto la salvezza eterna o l’inferno eterno nella nostra vita. E anche lo scrittore di Ebrei ce lo conferma:

La sua casa siamo noi se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo.

Ebr 3,5 Mosè fu fedele in tutta la casa di Dio come servitore per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunciato, 3,6 ma Cristo lo è come Figlio, sopra la sua casa; e la sua casa siamo noi se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo. Ebr 3,5-6;

Infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che manteniamo ferma sino alla fine la fiducia che avevamo da principio.

Ebr 3,12 Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo, che vi allontani dal Dio vivente; 3,13 ma esortatevi a vicenda ogni giorno, finché si può dire: «Oggi», perché nessuno di voi s’indurisca per la seduzione del peccato. 3,14 Infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che manteniamo ferma sino alla fine la fiducia che avevamo da principio, Ebr 3,12-14;

Così anche i fratelli delle Chiese Brethren sbagliano nel loro insegnamento, così come i sostenitori della predestinazione e altri calvinisti.

(Vedi anche Discorso 69: "La predestinazione e gli eletti."



Stiamo camminando nella luce o nell’oscurità?

Quali criteri ci offre la lettera di Giovanni? (1Gio 1:6-7)

Per molto tempo ho pensato che camminare nella luce corrispondesse praticamente a uno stile di vita senza peccato. Questo però non può essere vero, perché alla fine del versetto 7 ci viene detto che il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato. Dio è luce e in Lui non c’è oscurità. Colui che vive nell’oscurità nasconde la sua colpa. Tutti i vestiti sporchi sembrano puliti al buio. Se indosso una camicia bianca e mi metto alla luce, ogni macchia, anche piccola, si noterà, mentre abiti scuri macchiati, indossati in un ambiente più buio, sembreranno puliti.

Se ci esponiamo alla luce di Dio ed esaminiamo costantemente la nostra vita alla luce delle indicazioni della Parola di Dio, molto presto ci renderemo conto di quanto siamo indegni e peccatori. Presto noteremo che non possiamo essere fieri di noi. Se, invece, ci esponiamo a conversazioni piuttosto superficiali, diventeremo sempre più insensibili alla nostra peccaminosità e inizieremo a pensare che in realtà non siamo poi così cattivi. Perdiamo interesse per i temi spirituali e siamo sempre meno consapevoli di come ci comportiamo nei confronti di Dio.

Anche i figli di Dio attraversano continuamente periodi in cui non si confrontano tanto con la Parola di Dio, ma preferiscono intrattenere conversazioni superficiali; così la presenza di Dio li riattira sempre a sé. Il giusto cade sette volte ma si rialza, mentre l’empio resta a crogiolarsi nella propria colpa. Chi cammina nell’oscurità nasconde la propria colpa, che non si nota. In uno stato simile ci si può convincere facilmente che non si hanno colpe. C’è sempre qualcuno che ha colpe molto più grandi delle proprie.

Qui si mostra chiaramente la differenza tra un figlio di Dio che ha dubbi e un sedicente cristiano che non crede: un figlio di Dio che ha dubbi si chiede continuamente, se il suo cambiamento corrisponde alle aspettative di Dio. Desidera diventare santo ed esamina la sua vita alla luce dei criteri dettati dalla Scrittura. Un sedicente cristiano che non crede, invece, dà per scontata la propria salvezza personale, tanto da non vedere affatto la necessità di esaminare continuamente la propria vita alla luce della Parola di Dio. Preferisce stare in penombra, dove le sue macchie non si notano e dove si considera puro. Per lui i colpevoli sono sempre gli altri. Le macchie di colui che si espone alla luce si notano; le vede anche chi sta in penombra. Colui che sta in penombra non si nota, non si notano le macchie e dall’esterno dà l’impressione di essere puro – il che ci porta subito al criterio successivo:

Pensiamo di essere senza peccato o confessiamo i nostri peccati? (1Gio 1:8-10)

Chi pensa di essere senza peccato, inganna se stesso. Ora, quasi nessuno sarà così presuntuoso da pensare di essere perfetto e completamente senza peccato. Chi s’intrattiene nella penombra, ha diluito così tanto le aspettative di Dio nei confronti della sua vita da pensare di potersela cavare in questo modo agli occhi di Dio. Allo stesso tempo è il giudice più severo dei suoi simili. Colui che cammina nella luce nota i suoi peccati. Questi può fare affidamento sulla promessa per cui, se confessa i suoi peccati, Dio è fedele e giusto e glieli perdona.

Un figlio di Dio sarà costantemente sopraffatto dalla propria colpa. Si chiederà continuamente come abbia potuto commettere quel determinato peccato. Nella carne ogni essere umano è capace di commettere qualsiasi peccato. Inevitabilmente si dovrà confrontare quotidianamente con tale argomento nell’interazione con la sua famiglia. In questo caso si dimostra molto chiaramente chi è un figlio di Dio e chi no: confesso la mia colpa o la cerco solo negli altri? Lo Spirito di Dio mi giudica colpevole o considero il mio compito quello di condannare gli altri?

Osserviamo i suoi comandamenti? (1Gio 2:3-5)

è vero che non è in virtù delle opere che siamo salvati, ma è anche vero che siamo stati creati per fare le opere buone (Efes 2,8-10). Non osserviamo i suoi comandamenti per essere salvati, ma li osserviamo perché siamo salvati e lo amiamo. Il Signore Gesù stesso in Giov  4,21 dice che chi osserva i suoi comandamenti è colui che lo ama. In una coppia innamorata, l’uno cerca di compiacere l’altro non per dovere, ma per amore. Una persona innamorata non deve sforzarsi di compiacere l’altro, anzi non lo considera un dovere, ma un piacere.

Ancora una volta qui non si intende una perfezione senza peccato, perché altrimenti ciò sarebbe in contraddizione con il resto della Bibbia, ma all’interno di questo quadro è escluso che si possa vivere consapevolmente in ogni sorta di peccato e contemporaneamente essere salvati. Un figlio di Dio fallirà continuamente, ma sarà anche sempre consapevole del fallimento, e successivamente avrà di nuovo il desiderio di purificarsi da questo fallimento davanti a Dio (1Gio 1,9). Un sedicente cristiano che non crede difficilmente si chiede se sta osservando o meno i comandamenti di Dio. Probabilmente ama cavalcare i suoi "cavalli di battaglia", ma difficilmente si confronta con la Scrittura nella sua interezza.

Amo il mondo? (1Gio 2:15-16)

L’amore per il mondo e l’amore per Dio si escludono a vicenda. è impossibile servire due padroni: o si ama l’uno o l’altro. è impossibile servire sia Dio che Mammona. Dove c’è il nostro tesoro, lì ci sarà anche il nostro cuore. Qual è la nostra più grande preoccupazione? Il denaro o anche semplicemente come sbarchiamo il lunario? Oppure il nostro stato eterno o come Dio vede la nostra vita? Come trascorriamo la maggior parte del nostro tempo libero? Con le cose di questo mondo o con le cose di Dio?

Ognuno si renderà conto di avere un’inclinazione verso le cose di questo mondo; infatti, fin quando vivremo in questo corpo, la nostra carne sarà attratta dalle cose del mondo. Le diamo spazio? Esclamiamo come Paolo: chi ci libererà da questo corpo di morte? (Rom 7,24), oppure siamo piuttosto indifferenti alla cosa? Non c’è l’amore del Padre in colui che ama il mondo. Giovanni descrive il mondo in base a tre aspetti:

Il piacere degli occhi

Il piacere della carne

La superbia della vita


Ciò che qui si intende nello specifico non ha certo bisogno di spiegazioni dettagliate; più difficile è capire come comportarsi di conseguenza. è una lotta e certamente continuerà sempre a essere una lotta, sia che propendiamo per le cose di questo mondo, sia che propendiamo per Dio. Un non credente non la percepisce come una lotta, ma vive in questo mondo per se stesso. Un credente si sforza di vivere per il Signore, un non credente vive per se stesso, a volte anche in maniera pia.

Da cosa sono attratti gli occhi? Più che nel passato il mondo oggi offre moltissimi stimoli per gli occhi. Ovunque imperversa la cultura consumistica, e con l’uso di molte immagini la pubblicità invoglia ad acquistare prodotti di cui effettivamente né si ha bisogno né ci si può permettere. Il piacere della carne trova espressione soprattutto nell’elenco di peccati in Gal 5, i quali escludono definitivamente dalla salvezza: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, scatti d’ira, contese, dissidi, scissioni, invidia, ubriachezza, ingordigia. In un altro passaggio anche l’avidità è descritta come idolatria, per cui nessun avaro può andare in cielo.

Tuttavia, non si tratta del fatto che chi si macchia di un simile peccato una volta o che una volta si dimostra debole e perde la pazienza perde immediatamente la salvezza; la Scrittura ci dice che è colui che persevera a vivere in questi peccati che non può essere salvato. Ad esempio, se uno fa una torta una volta, non diventa automaticamente un pasticcere. Così, chi ha commesso un passo falso una volta, non può essere equiparato a chi vive abitualmente in questi peccati.

Sto negando il Padre o il Figlio? (1Gio 2,23)

Questo criterio riguarda la dottrina. Chi non ha compreso la via della salvezza non può essere salvato, per quanto si possa sforzare. Nel periodo in cui Giovanni scrisse questa lettera, alcuni maestri falsificarono la dottrina del Signore Gesù. Qui ci viene offerto un criterio chiaro, che ci permette di distinguere i maestri veri da quelli che diffondono una falsa dottrina. Una caratteristica distintiva essenziale è la dottrina del Signore Gesù Cristo. Chi è Gesù per te?

Molti lo considerano il fondatore di una religione, un filosofo, un predicatore morale. Tuttavia, Lui è essenzialmente molto di più: è il Figlio di Dio e il Signore. Egli è Dio, come testimonia il Nuovo Testamento in molti passaggi. Egli può essere solo Dio, per offrire il sacrificio puro, perfetto, completo e redimere le nostre colpe. Un angelo non ci potrebbe mai redimere. Se fosse inferiore a Dio, non potrebbe sconfiggere la morte. Tuttavia, ancora più tragico dell’aperta negazione della divinità di Gesù – come praticano, ad esempio, i testimoni di Geova – è accettare il Signore Gesù come Salvatore, ma non come Signore. Si accetta volentieri la remissione dei peccati, senza comprendere che con la Nuova Alleanza ci si è anche impegnati ad accettare Gesù come Signore. Gesù stesso dice che non chi lo chiama “Signore” entrerà nel suo regno, ma chi fa la sua volontà.

False dottrine e movimenti falsi esaltano l’essere umano e umiliano il Signore. I rappresentanti religiosi sono molto rispettati essendo considerati gli "unti di Dio", che in quanto tali non si possono criticare. Chi li critica si mette in disparte e si espone all’ira minacciosa di Dio. Sebbene, da un lato, questi falsi maestri ritengano che la grazia di Dio sia così grande da benedire intere nazioni di peccatori senza giudizio, dall’altro, chi tocca questi “unti di Dio” si espone all’ira di Dio. Ma chi è Gesù in questo contesto? Un nostro "vice" che non deve far altro che scattare a ogni nostro proclama. Senza rendersene conto, i movimenti carismatici – come, ad esempio, quello qui descritto – hanno trasformato il Signore Gesù in un servitore.

Molti sottolineano che Gesù è nostro amico, uno che ci aiuta. Si predica in base ai bisogni delle persone, e sembra che Gesù sia venuto solo per realizzare le nostre vite. Certamente in parte questo è vero, ma l’aspetto per cui Dio abbia delle aspettative su di noi perché è il nostro Creatore, riceve meno attenzione. Gesù diventa il nostro compagno, l’amico a cui si dà una pacca sulla spalla. Eppure, il Signore Gesù, ad esempio nel 1° capitolo dell’Apocalisse, non si mostra affatto come un compagno al suo discepolo preferito: Giovanni cadde come morto quando lo vide nella sua gloria.

Non è solo una questione di grossolana negazione del Signore Gesù quando si nega pubblicamente la sua divinità; qui contano anche le sottigliezze quando predichiamo un Vangelo umanistico che mette al centro l’essere umano, in linea con la massima che Dio è felice di averci. Dovremmo piuttosto metterci in ginocchio perché ci ha scelti nella sua grazia. Dio avrebbe potuto rovinarci tutti e continuerebbe a essere santo e giusto; invece, ha offerto suo Figlio alla terra, ha offerto se stesso in sacrificio perché ci ama. Non abbiamo diritto alla salvezza, Dio ce l’ha donata. Nell’epoca attuale in cui l’essere umano è stato elevato al rango di Dio, anche noi tendiamo a mettere l’individuo al centro della nostra attenzione, quando è invece il Signore Gesù che dovrebbe essere al centro della nostra attenzione.

Esercitiamo giustizia?

L’osservanza dei comandamenti di Dio. (1Gio 3:1)

Questo criterio è strettamente legato all’osservanza dei comandamenti. Non siamo salvati in virtù di buone opere, ma siamo salvati per fare buone opere. Il seguace che segue un Dio santo e giusto ha anche il desiderio di agire con giustizia e di chiedersi ripetutamente cosa pensa il Signore delle sue azioni.


(Nota di F. H.: Qui il versetto 1Gio 3,2, molto importante per la comprensione della rinascita, è purtroppo omesso.)

Ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo

Giov 3,2 Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo (dopo la rinascita nella risurrezione). Sappiamo che quando egli sarà manifestato (alla resurrezione) saremo simili a lui (essere spirituali), perché lo vedremo com'egli è  (Dio è spirito Giov 4:24). 1Gio 3,2;

(Vedi anche Capitolo 13: "La rinascita nella risurrezione."


Ci purifichiamo perché abbiamo compreso di avere speranza in lui? (1Gio 3,3)

Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre dandoci la possibilità di essere chiamati figli di Dio. Siamo benedetti con qualsiasi benedizione spirituale nel regno dei cieli. Come Dio non ha risparmiato suo Figlio, a maggior ragione è disposto a donarci tutto in lui. In riferimento all’eternità ogni desiderio diventerà realtà. Nel Nuovo Testamento non si trovano pressoché promesse riferite alla vita sulla terra (se saremo in salute, se avremo una vita lunga, spensierata, ricca), nel regno dei cieli invece abbiamo un tesoro magnifico. Tutte le sofferenze e i problemi dell’epoca presente non hanno alcun rapporto con le cose che ci attendono nell’eternità.

Qual è il nostro atteggiamento a tal riguardo? La nostra posizione è potente: apprezziamo ciò che già abbiamo in lui o la cosa ci è indifferente? La persona orientata verso le cose di questo mondo disprezza i beni celesti. Tuttavia, noi possiamo entrare in un regno dove non ci saranno più difficoltà, sofferenze, dolori, urla, e dove non ci sarà neanche più il male e l’ingiustizia. Come cittadini del cielo siamo perciò chiamati a mantenere questa posizione in maniera dignitosa. Se siamo consapevoli di questa posizione, sarà una gioia e non solo un dovere purificarci come lui è puro.

Colui che rimane in lui, non commette peccati (1Gio 3,6)

Chi rimane in Gesù, non commette peccati; un vero figlio di Dio non ha una condotta di vita peccaminosa. Naturalmente cadiamo continuamente, ma ci rialziamo ogni volta. Chi ha ricevuto la nuova vita nel Signore Gesù Cristo si è liberato dal peccato e non ne è più schiavo. Chi commette peccato, è schiavo del peccato. Se riceviamo nuova vita da Dio, non siamo più schiavi del peccato, cioè non abbiamo più l’impulso di peccare.

Amiamo i nostri fratelli e le nostre sorelle (1Gio 3,10-19)?

Questo criterio occupa un ampio spazio; Giovanni dedica ben dieci versetti per spiegarlo. Innanzitutto, nel versetto 10 chiarisce che dall’amore fraterno si capisce se uno è un figlio di Dio o un figlio del diavolo. Chi non esercita giustizia e non ama suo fratello non è da Dio. Egli si riferisce al comandamento di Gesù, contenuto in Giov 13, per cui dovremmo amarci gli uni con gli altri. Giovanni prosegue descrivendo in che cosa consiste e in che cosa non consiste questo amore:

In base al versetto 12 non dovremmo essere come Caino, che uccise suo fratello. Un vero discepolo non si aspetta la resistenza più forte da coloro che negano Dio, ma da coloro che credono di servirlo ma che, come Caino, sacrificano solo l’opera delle loro mani. Il dolore più grande è stato inflitto alla congregazione da coloro che credevano di servire Dio, senza però aver compreso il Vangelo. Riversarono la loro ira per il fatto che Dio non aveva accettato il loro sacrificio su coloro che seguivano il Signore e confidavano unicamente nel sacrificio dell’agnello puro. Così i sedicenti cristiani che non credono sono spesso creatori di discordia, che criticano sempre tutto e tutti e amano puntare il dito sugli altri. Poiché non sono profondamente convinti della certezza della propria salvezza, cercano di aumentare la propria autostima denigrando coloro che sono peggiori ai loro occhi.

Nel versetto 14 Giovanni sottolinea ancora una volta che chi non ama il proprio fratello rimane nella morte. Nel versetto 15 l’odio è equiparato all’omicidio, come fece il Signore Gesù nel Discorso della montagna. Qui va notato che il contrario di amore non è odio, ma indifferenza. Chi non si prende cura dei bisogni dell’altro, rimane nella morte. Il fatto che Giovanni lo sottolinei ben due volte in questo breve paragrafo lo rende ancora più lampante. Se riceviamo nuova vita in Gesù Cristo, allora questa si esprimerà soprattutto attraverso l’amore, perché Dio è amore. L’amore è talmente legato all’essenza di Dio da essere anche la caratteristica dominante di ogni figlio di Dio.

Secondo il versetto 16 il nostro amore si espanderà a tal punto che saremo disposti a dare la nostra vita per i nostri fratelli. Tanto più siamo obbligati ad amare nostro fratello non solo a parole, ma con i fatti e in verità. Ciò include anche farsi carico dei bisogni materiali. Giovanni dice chiaramente che non è giusto che un cristiano viva nell’eccesso e il suo vicino cristiano viva nel bisogno. Per un cristiano non è solo un piacere prendersi cura del fratello, anzi Giovanni eleva questa virtù a caratteristica distintiva di coloro che seguono il Signore Gesù.

Non siamo salvati in virtù di opere, ma chi è salvato mostra la sua fede salvifica attraverso le opere. Chi non compie queste opere dimostra di non avere una nuova vita. Com’è possibile essere un seguace di colui che è venuto sulla terra dal cielo, che è diventato il servitore di tutti, che è stato deriso, schernito, fatto prigioniero ed infine ucciso con il peggior tipo di esecuzione, e allo stesso tempo essere un egoista che vive solo per se stesso? Non si può essere un dipendente di un’azienda senza mai presentarsi a svolgere il proprio lavoro, a meno che non si sia in vacanza o malati. Non c’è nulla di straordinario nel fatto che un dipendente entra nell’azienda dove è stato assunto per svolgere il proprio lavoro: è una cosa del tutto scontata.

Eppure, alcuni pensano che si possa essere assunti a lavorare nella vigna del Signore senza mai presentarsi a lavorare nella vigna. Non ha senso chiamare Gesù il nostro Signore se poi nella vita non seguiamo ciò che ci dice. è vero che non dobbiamo fare nulla per diventare suoi discepoli, ma se lo siamo, allora dobbiamo anche adottare una condotta di vita corrispondente. Se il nostro maestro è diventato il servitore di tutti, quanto dovremmo sforzarci noi per aspirare a diventarlo? Ciò è semplicemente dovuto alla nostra nuova natura.

Giovanni conclude questa esortazione presente nel versetto 18 con le parole: "Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità". Questo passaggio chiarisce quanto facilmente e velocemente facciamo buoni propositi o promettiamo cose che però difficilmente riusciamo a mettere in pratica. Ciò richiede l’impiego di tempo, energia e denaro, senza aspettarsi sempre un profitto immediato. La prima domanda che ci facciamo oggi quando ci offrono un lavoro è quanto guadagneremo. Lavoriamo solo se veniamo pagati adeguatamente. Servono grandi campagne pubblicitarie per promuovere il valore del volontariato, perché ai giorni nostri sono sempre meno le persone che accettano di svolgere lavori non retribuiti.

Nel regno di Dio non è così, non è come in una associazione terrena dove solo una manciata di persone lavora. E noi come ci comportiamo quando c’è del lavoro da fare? Gli altri possono contare su di noi quando qualcuno ha bisogno di aiuto? Oppure siamo così occupati con noi stessi da non avere un occhio di riguardo per gli altri o per la collettività? Non ha senso vivere nel benessere e nell’eccesso, viaggiare per il mondo e potersi sempre permettere le cose più care, mentre nella propria comunità cristiana o nel proprio vicinato c’è qualcuno che deve pensarci tre volte prima di poter spendere un marco o un Euro. Se prendiamo sul serio la Parola di Dio, dobbiamo farlo anche con la Parola in 1Cor 6,10, dove si dice che gli avari non erediteranno il regno di Dio.

Non prendiamo molto sul serio l’avidità, mentre atti di violenza, adulterio, atti osceni, occultismo, falsa dottrina hanno un peso diverso ai nostri occhi, ma agli occhi di Dio l’avidità è sullo stesso piano dell’idolatria e in 1Tim 6,10 viene descritta come la radice di tutti i mali. Così Dio non solo ci esorta ad aprire i nostri cuori, ma anche ad aprire il portamonete. Non per far arricchire maggiormente i ricchi, ma per alleviare il bisogno con cui un gran numero di nostri fratelli e di nostre sorelle nel Signore è costretto a confrontarsi. Non dobbiamo trattare i nostri fratelli più poveri come i cani, che ricevono solo gli avanzi della tavola del padrone. Nei trasporti di carità quasi si soffoca tra i sacchi di vecchi vestiti, non più buoni per i loro proprietari, mentre, al confronto, sono scarse le donazioni di denaro e di cibo. Ciò che è il meglio per noi dovrebbe essere sufficientemente buono anche per gli altri.

Perciò amiamo non solo con le parole, ma nei fatti e in verità.

Confessiamo che Gesù è venuto nella carne? (1Gio 4:2)

Giovanni cambia nuovamente argomento prima di tornare a parlare dell’amore nel versetto 7. Distingue coloro che annunciano la verità da coloro che insegnano false dottrine a seconda del fatto che confessino o meno che il Signore Gesù è venuto nella carne. Non dobbiamo porci questa domanda in modo superficiale perché questo criterio implica essenzialmente molto di più di ciò che è contenuto nella domanda. Implica la corretta predicazione della dottrina del Signore Gesù. Il vero Vangelo eleva il Signore Gesù e mette in secondo piano l’essere umano, mentre il falso Vangelo eleva l’essere umano e umilia il Signore.

Così confessare che Gesù è venuto nella carne significa anche riconoscere il fatto che Egli è il Dio eterno venuto dal cielo. Qui si iniziano già a scartare alcuni gruppi per i quali Gesù è inferiore a Dio, come ad esempio i Testimoni di Geova. Perché se Gesù non è Dio, allora al massimo è un angelo (come insegnano ad esempio gli Avventisti del settimo giorno / Nota di FH), e un angelo non può incarnare la Parola di Dio. Se fosse stato solo un essere creato da Dio e non Dio, allora non sarebbe potuto morire per i nostri peccati. Altre deviazioni riguardano il fatto che Gesù non era effettivamente un essere umano, ma anche qui la Scrittura ci testimonia qualcosa di diverso.

Il punto essenziale nella riflessione di Giovanni, che ha dovuto affrontare una moltitudine di false dottrine, è che qui non si lancia in una discussione apologetica che descrive la falsa dottrina in tutti i dettagli e poi la confronta estesamente con la Scrittura; Giovanni, così come Paolo nella lettera ai Calossesi, volge infatti lo sguardo solo ed esclusivamente al Signore Gesù. Riconosciamo il vero maestro dal fatto che riconosce che Gesù è venuto nella carne.

Nel versetto 6 fa seguito un altro criterio: "Noi siamo da Dio; chi conosce Dio ascolta noi, chi non è da Dio non ci ascolta.". Questa dichiarazione è rivolta a coloro che frettolosamente asseriscono che Gesù è venuto nella carne, senza tuttavia crederci veramente. Ma a chi si riferisce "noi"? Qui potrebbe inserirsi chiunque creda di avere una qualsiasi autorità apostolica: dal Vaticano alla Watchtower Society, fino a coloro che si sono autoproclamati apostoli e profeti. Tuttavia, la Scrittura chiarisce che qui si tratta di apostoli che avevano posto il fondamento della dottrina già ai tempi della Bibbia; infatti, anche gli ultimi scritti del Nuovo Testamento testimoniano che il fondamento della dottrina era stato posto già ai tempi degli apostoli: Ebr 1,1, Giuda 3 e, infine, anche Apoc 22,18-19.

"Noi" si riferisce solo agli apostoli che hanno posto il fondamento della dottrina. Oggi ci riferiamo all’Apocalisse del Nuovo Testamento: chi la segue è da Dio, chi non la segue, ma rimuove dichiarazioni o aggiunge dichiarazioni personali, non è da Dio. In ciò possiamo riconoscere lo spirito della verità o lo spirito dell’errore. La verità è sempre al di fuori di noi: ogni persona deve confrontarsi con tale verità e, in base ad essa, adeguare il proprio atteggiamento e modo di vivere. Nessuno può affermare di avere la verità, nel senso che tutto ciò che dice è verità. Dobbiamo continuamente misurarci con la Parola di Dio, che è la verità.

Chi non è da Dio, il mondo lo ascolta. Chi è popolare e riceve poche critiche dovrebbe preoccuparsi del perché nel Discorso della pianura in Luca 6 il Signore Gesù abbia detto: “Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché i padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti”. Quando annunciamo il Vangelo, non dovremmo prestare attenzione all’“indice di ascolto” – al successo che possiamo ottenere, piuttosto dovremmo badare alla cosa fondamentale! La predicazione del Vangelo provocherà sempre resistenze.


Amiamo? (1Gio 4:7)

è interessante notare che Giovanni considera l’amore e la fede corretta come un’unità. Oggi amore e fede corretta sono più che altro due cose diverse in contrapposizione tra loro. Spesso, nelle comunità cristiane in cui la dottrina non è così preminente e in cui si enfatizza piuttosto il lato pratico dell’essere cristiani, vengono manifestati un amore e un’accoglienza maggiori rispetto alle comunità cristiane che danno valore alla corretta dottrina. Anche della comunità di Efeso apprendiamo che, sebbene seguisse la dottrina corretta e fosse in grado di distinguere o smascherare i falsi maestri, aveva abbandonato il primo amore (Apoc 2,1-7).

Se c’è un’urgenza nel mondo, allora i carismatici sono i primi ad accorrere. I pentecostali e i carismatici hanno dato vita a molti lavori socialmente utili e ad attività di assistenza agli emarginati; nonostante tutte le carenze dottrinali, sono consapevoli della loro responsabilità nei confronti degli altri. Purtroppo, le comunità cristiane che seguono la dottrina corretta seguono anche la massima: "dottrina corretta, tutto corretto". Nel quarto capitolo della lettera di Giovanni però la Bibbia chiarisce molto bene che esiste uno stretto legame tra amore e fede corretta.

Oggi è popolare dire: "La dottrina divide, l’amore unisce". Anche nelle comunità cristiane inizia a prendere piede quella filosofia che fondamentalmente si segue ai giorni nostri, e che prevede che ognuno debba vivere come vuole. Nonostante la dottrina del Signore Gesù rimanga incontestata, è nelle domande che essa solleva che opinioni diverse e visioni contrastanti si posizionano le une accanto alle altre, anche se si tratta di domande di carattere assolutamente centrale, come ad esempio quale ruolo svolge lo Spirito Santo nella vita di un credente cristiano o se Dio ancora oggi ci parla attraverso profezie. Significa agire senza amore, chiedere la verità anche di queste cose?

Ad esempio, le discussioni tra carismatici e non carismatici sono considerate dannose per il corpo di Cristo. Coloro che fanno affermazioni chiare in riferimento alle dottrine carismatiche vengono screditati come "custodi dell’Arca dell’alleanza", "farisei" o coloro che "lacerano il corpo di Cristo". è amore quando nascondiamo le differenze “sotto il mantello dell’amore”? Così si spalancano le porte ai falsi maestri. Se non ci fidiamo più di chiamare la verità con il suo nome perché non vogliamo offendere gli altri, allora la verità verrà sempre più annacquata, fino a quando, alla fine, come Pilato ci chiederemo: cos’è la verità?

Al contrario, non voglio sostenere affatto discussioni presuntuose e saccenti. Dobbiamo ricordarci che quando prendiamo posizione in merito a comportamenti e a sistemi dottrinali, feriamo e attacchiamo personalmente anche coloro che li rappresentano. Se prendiamo posizione, ad esempio, contro l’aborto o l’omosessualità, allora l’omosessuale o la donna che ha abortito si sentiranno personalmente attaccati e feriti. Passiamo così rapidamente per intolleranti. In questo mondo possiamo credere ciò che vogliamo, ma guai a dire che ciò che crediamo non valga solo per noi personalmente, ma sia universalmente valido! Allora passiamo per intolleranti e a nessuno interessa più ricercare la verità obiettiva.

Mentre fino a pochi anni fa ci si chiedeva quale fosse la verità oggettiva e universalmente valida, oggi si dice che non esiste una verità assoluta e universalmente valida. Sebbene ci atteniamo alle convenzioni universali – ad esempio, fermarsi al semaforo rosso o sapere che l’assassinio, l’omicidio, la frode, ecc., sono penalmente punibili – con il nostro relativismo sottraiamo sempre più il fondamento filosofico a queste convenzioni. Ma anche nelle comunità cristiane prende sempre più piede questa "nuova tolleranza" attraverso slogan come: "La dottrina divide, l’amore unisce".

Se nel mondo non si fa più alcuna distinzione tra la visione di vita e la persona che la rappresenta, allora ci pensa la Bibbia a mettere in evidenza questa distinzione. Omosessualità, atti impuri, idolatria, dissolutezza, omicidio, avidità, ecc., sono considerati reati gravi e chi vive in questi peccati è escluso dalla salvezza. Ma Gesù è morto anche per queste persone, e tende loro la mano per la riconciliazione. Mangiava con pubblicani e peccatori – paragonabili alla mafia di oggi – ma non approvava le loro pratiche. Li accettò tuttavia così com’erano. I farisei ortodossi erano irritati dalla disponibilità con cui Gesù si sedeva a tavola con la mafia di allora, che aveva anche tradito il proprio popolo. Ma il Signore guardò al cuore di queste persone, e vide in loro esseri umani bisognosi di redenzione. Uno di questi mafiosi che ha incontrato il Signore ha anche avuto il privilegio di scrivere il primo libro del Nuovo Testamento: Matteo.

L’essere umano guarda all’apparenza, ma Dio guarda al cuore. Vediamo ciò che una persona fa e anche come lo fa, in pochissimi casi però sappiamo perché lo fa. Nel confronto con i carismatici presto scopriremo che ci accusano di negare loro la salvezza in Cristo. Chiunque, carismatico o meno, dovrebbe continuamente esaminare se stesso alla luce della Parola, specialmente quella contenuta nella Lettera di Giovanni, quando si parla della salvezza. Ma non siamo giudici, il giudizio spetta solo a Dio; tuttavia, dobbiamo saper distinguere: questo è il nostro compito!

Quindi dobbiamo fare una netta distinzione tra dottrina o stile di vita e le persone che li rappresentano. Anche se non approviamo il loro modo di vivere, dobbiamo amarli comunque e, se possibile, amarli anche di più. Non in modo da falsare la realtà, ma accettandoli così come sono, come esseri umani, e cercando di soddisfare i loro bisogni. Se incontriamo qualcuno che segue una dottrina diversa dalla nostra, dovremmo accoglierlo in quanto essere umano e anche come fratello nel Signore, se si riconosce chiaramente come tale. In definitiva, non possiamo mai essere certi se il nostro vicino si è convertito o meno. Esistono certamente criteri inequivocabili, come quelli descritti tra l’altro in questo articolo, ma nel dubbio, se qualcuno dice di essere credente, io per prima cosa gli crederei, anche se segue una dottrina diversa dalla mia.

Ma questo non significa approvare ciò che la Parola di Dio condanna; tuttavia, la nostra conoscenza è limitata, non sappiamo tutto. Amore e verità non sono in contraddizione, perché è scritto: "L’amore non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità" (1 Cor 13). Ogni volta che parliamo con chiarezza, le persone ci accusano di non amare; tuttavia, l’amore va dimostrato nei fatti e in verità. Anche nei confronti del nostro nemico la Scrittura ci esorta: "Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo".

Se stiamo affrontando una discussione su questioni dottrinali, dovremmo elevare il Signore nelle parole e nei fatti! In risposta alle false dottrine, Paolo e Giovanni hanno elevato sempre il Signore Gesù. Se apparteniamo al Signore, apparteniamo a colui che nella Bibbia viene descritto come "amore". Dio non è solo amorevole: Egli è amore. Così è impossibile essere suoi figli, anche se la nostra natura non fosse caratterizzata dall’amore. Il vero amore cristiano, l’agape, è la risposta della Bibbia alla Nuova Tolleranza, visto che, ad un esame più attento, questa Nuova Tolleranza non è caratterizzata dall’amore, ma solo dall’indifferenza.

A che serve chiamare giusto ciò che falso o quantomeno lasciarlo così com’è in modo indifferente? Chi pensa di essere salvato ma non lo è, inganna se stesso. Se ce ne accorgiamo e non diciamo nulla, allora il nostro vicino ne uscirà avvalorato, come si dice anche nei proverbi: “Chiunque crede di percorrere la strada giusta, ma alla fine è quella che lo porterà alla morte”. Se vediamo qualcuno andare in rovina, ma non cerchiamo di aiutarlo, allora siamo sì tolleranti in senso moderno, ma contemporaneamente stiamo anche agendo senza amore. Per i seguaci del Signore Gesù è il paradosso della sfida postmoderna: se esprimiamo amore indicando ciò che è sbagliato, allora ci diranno che siamo privi d’amore, Se agiamo come giudici, allora il rimprovero ce lo meritiamo anche! Ma anche quando lottiamo contro le false dottrine e amiamo le persone che le rappresentano, anche allora saremo accusati di essere privi di amore, forse ancor di più di quando facciamo i giudici. Se prendiamo la via più comoda e tacciamo sugli abusi, allora siamo considerati tolleranti, ma alla fine in realtà siamo privi di amore.

(Nota di F. H. alla domanda di Fritz Wolf: "Amiamo?").

Nel brano sopra riportato, l’autore esplora la domanda "Amiamo?". Viene fuori tutto ciò che dobbiamo amare: cita i fratelli, i carismatici e anche i non carismatici. Definisce giustamente omosessuali e mafiosi bisognosi di redenzione e scrive molto sull’amore, che Paolo insegna anche in 1Cor 13. Quindi dobbiamo amare tutti, anche i nostri nemici.

è interessante notare che queste dichiarazioni d’"amore" si concentrano sempre e solo sulle persone. Noi cristiani dobbiamo amare tutte le persone. Dovremmo farlo? Cosa dice il Signore:

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui».

Giov 14,15 «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; 14,16 e io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Consolatore perché sia con voi per sempre: 14,17 lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi. 14,18 Non vi lascerò orfani; tornerò da voi.

14,19 Ancora un po’, e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 14,20 In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi. 14,21 Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui».

14,22 Giuda (non l'Iscariota) gli domandò: «Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo?» 14,23 Gesù gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. 14,24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato. 14,25 Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi;» Giov 14,15-25;

Questi versetti in Giovanni sono per molti esegeti un testo che è meglio non menzionare. Lo evitano perché non riescono a capirlo. E coloro che lo capiscono non osano proclamarlo. Che Dio viene ad "abitare" con noi. Che cosa devono fare i poveri che hanno una sola dimora? E poi forse hanno bisogno di lenzuola fresche ogni giorno per il Signore Gesù? Sì, è meglio lasciar perdere e parlare d’amore.

Ma dobbiamo riconoscere a Fritz Wolf il merito di aver posto l’unica domanda giusta alla fine del suo intervento: Amate Gesù? – L’amore di Dio, cari fratelli, deve ancora essere spiegato alle persone. Hanno sentito parlare abbastanza di amore per il prossimo per duemila anni.

(Vedi anche 126: "Tutte le religioni sono uguali? – La posizione del cristianesimo biblico.")



Elenco riassuntivo (1Gio 5,1-6)

Nel capitolo 5, alla fine della lettera, Giovanni elenca nuovamente i criteri. Mentre nei primi quattro capitoli questi vengono spiegati in maniera più dettagliata, qui vengono nuovamente ricapitolati in breve. Tutti i criteri sono importanti qui; non se ne può accettare uno e rifiutare l’altro. Così, ad esempio, l’amore pratico per i fratelli (e le sorelle) e per tutti gli esseri umani è legato alla correttezza della dottrina. Non possiamo metterli uno contro l’altro. Ci sono persone esemplari che si dedicano all’amore per il prossimo e che godono di una grande reputazione in virtù delle attività sociali che svolgono: per queste persone nessun sacrificio è troppo grande per aiutare coloro che hanno bisogno. Ma se non hanno capito il fondamento della salvezza, non potranno neanche raggiungerla. Altri sottolineano la correttezza della loro fede, ma l’essenza del Signore Gesù Cristo non si riflette nella loro vita. Anche in questo caso ci si chiede se queste persone hanno ricevuto la nuova vita in Cristo. Ecco, quindi, il riassunto di tutti i criteri contenuti nel quinto capitolo della lettera di Giovanni:

Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio (versetto 1)

Quando amiamo Dio e mettiamo in pratica i suoi comandamenti (versetti 2-3)

Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo (versetto 4)

Credere che Gesù è il Figlio di Dio (versetto 5)



(Nota di F. H. sull'affermazione di Fritz Wolf: "Enumerazione riassuntiva (1Gv 5,1-6)").

Il verbo greco antico gegennhtai (gegengätai = generato o nato) va tradotto con "generato" e non con "nato" in tutta la prima lettera di Giovanni: 1Gv 2:29; 3:9; 4:7; 5:1,4,18,18; nonché nei seguenti passi biblici: Giov 1:13; Giac 1:18; 1Piet 1:3,23; (anche questo non "nato di nuovo" ma "generato di nuovo") - spiritualmente generato di nuovo dopo essere stato fecondato dalla Parola di Dio. (Vedi anche Discorso 85: "Vera e falsa rinascita.")



La testimonianza di Dio che egli ha reso al Figlio suo (1Gio 5:6-11)

Ritorniamo ancora una volta al fondamento della nostra salvezza. La salvezza non è in noi o nelle nostre buone azioni, ma nel Signore Gesù Cristo. Dio testimonia che Gesù è il Figlio di Dio e anche il Cristo in tre modi: attraverso lo Spirito, attraverso l’acqua e attraverso il sangue. L’acqua è il simbolo della purificazione, il sangue è il simbolo del sacrificio universalmente valido a cui il Signore Gesù si è sottoposto per tutti noi. Per comprendere il fondamento della salvezza dobbiamo innanzitutto comprendere chi è Gesù Cristo. Dobbiamo comprendere chi è, perché è venuto in questo mondo e quale missione aveva. Giovanni ha trattato molto questi argomenti nel suo Vangelo, quindi, a mio avviso, è importante conoscere i Vangeli, soprattutto quello di Giovanni, prima di affrontare la sua prima lettera.

Dio stesso ha testimoniato attraverso lo Spirito che il Signore Gesù è il Figlio di Dio, cioè che è venuto dal cielo e che è il Cristo, l’Unto. Lo ha testimoniato sulla terra con le parole che ha pronunciato, con i segni che ha operato, diventando il servitore di tutti e, infine e soprattutto, dando la sua vita senza peccato per riscattare le nostre colpe e risuscitando dai morti il terzo giorno. Egli è il fondamento della nostra salvezza, nessuno può porre un altro fondamento, se non quello già posto, che è Gesù Cristo. Abbiamo quattro Vangeli:

Matteo ci presenta il Signore Gesù come il legittimo re, discendente della stirpe di Davide. Ci mostra che Egli è colui che il popolo d’Israele ha atteso. Marco ci mostra Gesù come il servitore di tutti, per il quale non c’è difficoltà che non possa affrontare, grande o piccola che sia. Luca presenta Gesù come un essere umano perfetto, con sentimenti ed emozioni umani. Giovanni sottolinea la divinità del Signore Gesù. Ce lo presenta come colui che è venuto dal cielo: "Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio".


Conclusione: Abbiamo il Figlio di Dio? (1Gio 5:12)

Dopo che Giovanni ci ha ricordato ancora una volta la testimonianza di Dio resa sul Signore Gesù, riassume le sue riflessioni con la conclusione: “Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita.” In ultima analisi, la domanda relativa alla nostra salvezza dipende solamente dal nostro atteggiamento nei confronti del Signore Gesù Cristo e della sua opera. Nessuno può porre un altro fondamento, se non quello che è stato posto.

Sulla base di questi criteri possiamo verificare se abbiamo la vita in Cristo da Dio o meno. Da un lato, non c’è nulla che possiamo fare da parte nostra: l’opera della nostra redenzione l’ha compiuta per noi solo il Signore Gesù Cristo sul Golgota. Non possiamo fare nulla per la nostra salvezza personale e non è nemmeno necessario farlo, perché Egli ha già fatto tutto al posto nostro. Ma d’altra parte, la fede salvifica non è solo una teoria, cioè non significa semplicemente ritenere per veri certi eventi della storia della salvezza. La fede che salva cambia la vita, perché chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com’egli è puro (1Gio 3,3).

Gesù una volta disse che chi ha molto amato, a costui è stato perdonato molto; Ma colui a cui poco è perdonato, poco ama (Luc 7,47). Chi ama Dio osserva i suoi comandamenti non per dovere, ma per amore. Chi ha ricevuto la vita concorderà con il cantautore che ha scritto: “Mi è stata fatta misericordia, misericordia di cui non sono degno”. Egli ama perché Dio l’ha amato per primo. Chi vive nel peccato è schiavo del peccato e non può avere la vita. Di conseguenza, una confessione di fede giusta e una condotta di vita giusta vanno di pari passo. La mancanza anche di uno solo di questi elementi costringe a rivedere la testimonianza della rinascita.

Se vuoi sapere se sei Suo, allora te la faccio io una domanda:

"Tu ami Gesù?"



(Vedi anche Discorso 70: "L’espandersi dello spirito pentecostale." [non ancora disponibile in Italiano, leggi in tedesco / leggi in inglese])

(Vedi anche Discorso 85: "Vera e falsa Rinascita.")