Discorso 75 – I cristiani devono amare i loro nemici?





Le preghiere nelle chiese istituzionali. / E-mail a Hanspeter Gasser 00, 23-01-2005

I cristiani devono amare i propri nemici? / Replica di Hanspeter Gasser 00, 24-01-2005

L’amore per il prossimo.

L’amore per il nemico.

’ Samaritano è solo un nostro simile? / Commento di Peter Buschauer 00, 19-05-2005

Qual è la dichiarazione decisiva nella parabola del Buon Samaritano? / Replica della Dott.ssa Monika von Sury 00, 02-10-2005

Riassunto.

I cristiani devono amare i loro nemici? – 2ª parte La missione cristiana all’estero. / Replik Dr. John Waterfield 00, 2006-01-28 [non ancora disponibile in italiano, leggi in tedesco, leggi in inglese.]

I cristiani devono amare i loro nemici? – 3ª parte La missione cristiana all’estero. / Replica Dr. John Waterfield  01, 28-01-2006


Le preghiere nelle chiese istituzionali. / E-mail a Hanspeter Gasser 00, 23-01-2005

Qui vorrei tornare a parlare ancora una volta dei contenuti della preghiera. Nelle chiese istituzionali si prega molto per ‘il’ terzo mondo, per ‘i’ poveri, per ‘le’ vittime dell’alluvione, ecc. A mio avviso, è presuntuoso e una sopravvalutazione assoluta di sé se si pensa di poter aggiustare in qualche modo interi paesi, continenti e persino l’intera umanità attraverso una preghiera.

Mi sembra che qui si stia affermando una certa tendenza all’ottimizzazione, in cui si raggiunge il massimo risultato con il minimo sforzo. E poi suona così bene pregare per ‘il mondo interò! E mentre lo facciamo non sappiamo nemmeno per quanti atei, bestemmiatori e idolatri stiamo chiedendo in questo caso la benedizione di Dio. ’ fatto che queste ‘preghiere’ non abbiano mai avuto il minimo effetto né nei secoli passati, né nel presente, evidentemente non è stato ancora colto dai responsabili ecclesiastici e dai loro fedeli.

Se vogliamo pregare veramente per le persone, allora dobbiamo conoscerle e sapere esattamente ciò di cui hanno bisogno. Quindi non si tratta di presentare a Dio una sorta di preghiera "all inclusive", dove non dobbiamo preoccuparci di nient’altro e dove non dobbiamo dare nessun’altro contributo. Ma si tratta di scegliere quelle persone che sono raggiungibili per noi, che magari incontriamo ogni giorno, di cui conosciamo i problemi. In questo modo possiamo valutare come prestare il nostro personale aiuto senza dover ricorrere effettivamente all’aiuto di Dio per mancanza di capacità o di risorse.

Così siamo sempre informati su come vanno le cose e possiamo capire se Dio ha già dato il suo aiuto o se si è verificato un ulteriore problema di cui dovremmo tener conto personalmente o pregando per l’aiuto di Dio.

Per quanto riguarda le persone del terzo mondo o di qualsiasi altra parte del globo, Dio troverà fedeli sul posto disposti a pregare per persone dello stesso paese e a dedicarsi a questa missione.

Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto.

Mat 6,5 «Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze (o davanti agli altari idolatri cattolici ["Maria", "Santi"] e al "Muro del pianto" ebraico! / FH), per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. 6,6 Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa. 6,7 Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. 6,8 Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. Mat 6,5-8;


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(I cristiani devono amare i propri nemici? / Replica di Hanspeter Gasser 00, 24-01-2005)

Fondamentalmente mi è chiaro che nella chiesa nazionale – come viene definita la chiesa istituzionale in Svizzera – si agisce in maniera molto opportunistica, perché tutti lo fanno e perché così si aspetta chi frequenta la chiesa. Ma qui non penso che si pecchi di presunzione e nemmeno di sopravvalutazione di sé, se si crede e si spera che Dio ascolti le preghiere dei fedeli durante la messa e possa così aiutare le persone che hanno bisogno. Non dobbiamo e non possiamo risolvere nulla, ma credo senz’altro che possiamo chiedere a Dio di stare con queste persone. Allora per cosa preghiamo? Preghiamo egoisticamente solo per noi stessi e quando capita anche per qualche conoscente, per gli amici e per la famiglia?

Scusa la mia franchezza. Evidentemente avrei una comprensione della fede completamente sbagliata se pensassi che il nostro compito è di pregare anche per i bestemmiatori, affinché siano salvati attraverso Gesù Cristo. Non trovo che la tua opinione sia corretta quando dici che con la nostra preghiera imploriamo la benedizione del Signore come a voler legalizzare la cattiva condotta di queste persone. È nostro dovere implorare la benedizione affinché svolgano il lavoro che Dio vuole che compiano.

Gesù stesso non ci ha detto di pregare per i nostri nemici (Mat 5,44)? Ma penso che così diventi un dovere pregare per atei, bestemmiatori e idolatri (intercessione). Se ben ricordo, abbiamo il compito di sviluppare i nostri talenti, e questo possiamo farlo solo trovando le pecore smarrite.

Hanspeter Gasser gasser.hanspeter@bluewin.ch



Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi;

Giov 17,6 Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati dal mondo; erano tuoi e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. 17,7 Ora hanno conosciuto che tutte le cose che mi hai date, vengono da te; 17,8 poiché le parole che tu mi hai date le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute e hanno veramente conosciuto che io sono proceduto da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. 17,9 Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi; Giov 17,6-9;


Prima di affrontare il vero argomento di questo discorso, vorrei rispondere qui anche alle altre dichiarazioni della summenzionata replica di Hanspeter Gasser:

In una delle tue e-mail scrivi che è già da 35 anni che cerchi Dio. Poiché conosci benissimo la chiesa nazionale, suppongo che in passato tu l’abbia cercato anche lì. Come mai qui non hai ancora trovato Dio in questi 35 anni? Tutto questo vuole dire qualcosa su questa chiesa? Le tue ulteriori osservazioni su ciò che Dio fa e su ciò che non fa mi confondono alquanto se penso che tu stesso affermi di voler prima conoscere Dio, e che quindi non lo conosci ancora.

Passiamo alla tua domanda: "Allora per cosa preghiamo?" Pensi che non preghiamo già abbastanza per condurre tutti i nostri parenti e conoscenti a decidere per il nostro Signore Gesù Cristo? Oppure tutte queste persone di cui personalmente ti circondi sono già cristiani "rinati"? Allora forse avrebbero potuto aiutarti a conoscere Dio. Inoltre, si fanno sempre nuove conoscenze e nuove amicizie, che, in caso di bisogno, dobbiamo accogliere e accompagnare nelle nostre preghiere.

E per esperienza personale posso dirti che, se prendi la cosa seriamente, passerai da una alle due ore al giorno personalmente a pregare, chiedere e a esprimere apprezzamento per tutte queste persone e per la loro situazione individuale. E anche durante il giorno capita sempre di pensare ai problemi dell’uno o dell’altro, e così non ti rimane il tempo di pensare a persone ignote che vivono negli angoli più sperduti del mondo, persone che non conosci, di cui non sai dove vivono e che problemi abbiano in realtà. Tuttavia, ho sempre più l’impressione che per te la preghiera non sia un dialogo con Dio, ma consista effettivamente solo nel Padre Nostro. In questo caso, ovviamente, in cinque minuti abbiamo finito.

È molto facile recitare altisonanti preghiere per persone molto lontane da noi, che non conosciamo e che non abbiamo mai visto prima, senza effettivamente doverci preoccupare di come stiano davvero queste persone e di ciò di cui abbiano realmente bisogno. La persona della porta accanto è il nostro obiettivo di cristiani. Ma ciò richiede un duro lavoro e un impegno costante, poiché queste persone sono quotidianamente intorno a noi. Tuttavia, dire che questo è egoistico rivela un altro egoismo, e cioè quello di evitare il più possibile il confronto diretto con le persone e i loro problemi.

E poi qui dobbiamo ancora chiarire un apparente equivoco nella suddetta affermazione di Hanspeter Gasser. Quando nella sua replica scrive:

"Evidentemente avrei una comprensione della fede completamente sbagliata se pensassi che il nostro compito è di pregare anche per i bestemmiatori, affinché siano salvati attraverso Gesù Cristo.",


bisogna dargli ragione. ’ vero compito del cristiano biblico non è quello di pregare per i bestemmiatori, ma è descritto dal Signore in Mar 16,15-16 nel modo seguente:

Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura.

Mar 16,15 E disse loro: «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. 16,16 Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato. Mar 16,15-16;


Quindi non è attraverso le preghiere che si salvano le persone – e tanto meno i bestemmiatori – ma attraverso la fede nel Vangelo e scegliendo di credere in Cristo Gesù. E affinché possano acquisire fede nel Vangelo, dobbiamo prima annunciarglielo. Ma naturalmente questo è un po’ più impegnativo che andarsi a sedere in chiesa (cattolica) la domenica e farfugliare tre Padre Nostro e sei Ave Maria pensando così di aver fatto qualcosa per la salvezza dei bestemmiatori.

E poi Hanspeter Gasser dice:

"Non trovo che la tua opinione sia corretta quando dici che con la nostra preghiera imploriamo la benedizione del Signore come a voler legalizzare la cattiva condotta di queste persone. È nostro dovere implorare la benedizione affinché svolgano il lavoro che Dio vuole che compiano."


In questo contesto mi vengono sempre in mente le benedizioni delle armi e dei soldati da parte dei cappellani militari e dei parroci di campo, che nelle guerre dei secoli passati – e fino ad oggi – hanno implorato la benedizione di Dio, affinché queste persone svolgessero bene il loro lavoro e sconfiggessero il nemico. Che ciò abbia significato la morte di centinaia di migliaia, se non di milioni di persone, è una cosa che queste chiese non hanno mai compreso davvero, quindi figurarsi se si sono mai pentiti. Anche questa era e rimane una sopravvalutazione dell’essere umano, anzi persino una bestemmia, pensare che su nostro ordine Dio possa dare la sua benedizione affinché intere popolazioni vengano assassinate.

E così arriviamo a quella dichiarazione di Hanspeter Gasser che, per la sua attualità e per le ricorrenti domande e le equivoche interpretazioni che solleva, vale la pena trattare in maniera più dettagliata qui di seguito.

"Gesù stesso non ci ha detto di pregare per i nostri nemici (Mat 5,44)? Ma penso che così diventi un dovere pregare per atei, bestemmiatori e idolatri (intercessione). Se ben ricordo, abbiamo il compito di sviluppare i nostri talenti, e questo possiamo farlo solo trovando le pecore smarrite."


Il summenzionato passaggio biblico fa parte del Discorso della Montagna del Signore; prima di passare a commentarlo, vogliamo considerarlo nel suo contesto.

Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano.

Mat 5,38 «Voi avete udito che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". 5,39 Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; 5,40 e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. 5,41 Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. 5,42 Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera un prestito da te, non voltar le spalle. 5,43 Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico". 5,44 Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 5, 45 affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 5,46 Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? 5,47 E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto? 5,48 Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste. Mat 5,38-48;


L’amore per il prossimo.

Prima di affrontare l’amore per il nemico, al fine di avere un termine di paragone dobbiamo considerare brevemente anche un’altra dichiarazione del Signore costantemente interpretata in maniera errata. In Mat 5,43 il Signore dice: "Voi avete udito che fu detto: Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico" – riferendosi qui a quel comandamento che secondo Mat 22,39 è il comandamento più grande e più importante, cioè quello dell’amore per Dio, e che aveva spiegato allo scriba in Mat 22,35-40.

Ama il tuo prossimo come te stesso.

Mat 22,35 e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: 22,36 «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» 22,37 Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente"  (Lev 6:5). 22,38 Questo è il grande e il primo comandamento(Lev 19:18). 22,39 ’ secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". 22,40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti». Mat 22,35-40;


Questo comandamento dell’amore per il prossimo aveva presentato delle difficoltà di comprensione già durante la vita di Gesù; il Signore ha cercato di chiarirle con la parabola del Buon Samaritano.

’ buon Samaritano.

Luca 10,25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» 10,26 Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» 10,27 Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso».10, 28 Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai». 10,29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» 10,30 Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 10,31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. 10,32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. 10,33 Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; 10,34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 10,35 ’ giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".

10,36 «Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» 10,37 Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa» Luca 10,25-37;


A causa di una visione superficiale, questa è probabilmente la parabola che più di ogni altra è stata e continua e essere interpretata in maniera errata nel mondo. ’ punto cruciale di questa interpretazione errata – lo anticipiamo subito – non è l’esortazione a essere caritatevoli e servizievoli. Ciò è giusto e importante e si evince molto chiaramente dalla dichiarazione del Signore alla fine della parabola, nel versetto Luca 10,37.

L’equivoco si basa piuttosto sul fatto che la risposta del Signore alla domanda dello scriba viene interpretata in modo errato. Inoltre, alcuni interpreti restano attaccati al testo della parabola e rispondono in modo molto dettagliato alla domanda sul perché il sacerdote e il Levita – a differenza del Samaritano – non abbiano aiutato l’uomo aggredito, ma non pongono la necessaria attenzione alla vera domanda di questa parabola: "Chi è il mio prossimo?", oppure "Chi devo amare come me stesso?".

L’opinione comune – comprensibilmente ripresa e diffusa da istituzioni sociali di ogni tipo – è che qui siamo esortati da Dio ad amare tutti i poveri e i bisognosi del mondo così come amiamo noi stessi, e a dare loro un aiuto e un sostegno corrispondenti a questo nostro amore.

Tuttavia, se ora osserviamo più attentamente questo testo, scopriremo una dichiarazione completamente diversa. Infatti, nella domanda conclusiva che il Signore pone allo scriba si dice:

«Quale dunque di questi tre ti pare sia stato il prossimo di colui che cadde nelle mani dei ladroni?»

Quindi gli viene chiesto chi è il prossimo – e cioè il prossimo di colui che era caduto nelle mani dei ladroni. Quella che segue dovrebbe quindi essere la risposta alla domanda dello scriba presente nel versetto Luca 10,29. "E chi è il mio prossimo?" Allo stesso tempo, però, questa è anche la concretizzazione della persona del "prossimo" del secondo comandamento – dopo il comandamento di amare Dio – e per noi cristiani designa le persone che dobbiamo amare come noi stessi. E qui nella suddetta domanda del Signore – e nella risposta dello scriba – scopriamo una differenza abissale rispetto all’interpretazione comune.

’ Signore chiese chi fosse diventato il prossimo di colui che era caduto nelle mani dei ladroni. E lo scriba rispose: "Colui che ha avuto misericordia di lui". Di conseguenza, il prossimo del Samaritano non è la persona bisognosa, ma al contrario, il Samaritano offrendo il suo aiuto ha dimostrato di essere il prossimo della persona aggredita.

Ma da ciò ne consegue che ai "Samaritani" – cioè ai soccorritori – non viene chiesto di amare i poveri e i bisognosi – ovunque essi siano – “come se stessi”. Certamente devono essere caritatevoli e aiutarli. Alla fine, in questo modo anche loro dimostrano di amare queste persone bisognose. Ma sono proprio quelle persone bisognose che hanno ricevuto l’aiuto da parte loro che – in base a questo comandamento di Dio – sono esortati ad amare i loro soccorritori "come se stessi".

E qui scopriamo anche la differenza rispetto all’interpretazione comune. Mentre quest’ultima cerca – invertendo il senso letterale – di dare l’impressione che in questa parabola il prossimo del Samaritano sia la persona aggredita postulando che i poveri di tutto il mondo siano i "prossimi" dei più benestanti, il Signore qui intende da un lato l’aiuto strettamente personale offerto nelle nostre immediate vicinanze, e dall’altro esorta coloro che sono stati aiutati ad amare i loro soccorritori "come se stessi".

Quindi, secondo le parole del Signore, in questa parabola il comandamento dell’amore per il prossimo è: Ama le persone che ti hanno aiutato, e mostra loro il tuo amore così come loro ti hanno mostrato il loro amore aiutandoti.

L’amore per il prossimo non è quindi una categoria della compassione, ma una categoria della gratitudine.

E come è facile intuire, questo comandamento di amare i loro soccorritori (prossimi) non si applica solo ai poveri e ai bisognosi. Vale anche per noi che non siamo bisognosi, nel senso che anche noi dobbiamo essere personalmente grati a tutti coloro che ci hanno aiutato nella vita – genitori, fratelli, parenti, conoscenti, amici e anche sconosciuti – che ci sono stati vicini in situazioni di bisogno, e amarli come amiamo noi stessi. Sono tutti i nostri prossimi.

Ma naturalmente questo comandamento non si applica agli atei, ai bestemmiatori o agli idolatri del terzo mondo. Questi non devono essere grati dell’amore che i cristiani degli USA, dell’Europa o di altri paesi hanno dimostrato loro attraverso aiuti finanziari o in altra forma, e nella maggior parte dei casi non lo sono nemmeno. Ancora peggio, come si apprende da recenti comunicati stampa, quando un alto funzionario indiano, osannato come "eroe dell’Asia" per il suo impegno a sostegno delle vittime dello tsunami, si appropria indebitamente di 3,2 milioni di euro delle donazioni inviate in India a sostegno di questa emergenza.

E qui dobbiamo chiederci come mai stati come ad esempio l’India e il Pakistan, che dal 1974 al 1998 hanno avuto i mezzi finanziari per costruire sempre più bombe atomiche e nel caso dell’India di inviare con missili propri più di 40 satelliti nell’orbita terrestre, dovrebbero aver bisogno degli aiuti finanziari dell’Occidente per soccorrere i propri cittadini colpiti dalle catastrofi.

Inoltre, studi della Banca mondiale dimostrano che per ogni dollaro speso in aiuti allo sviluppo, almeno 90 centesimi ritornano ai paesi ricchi attraverso vie legali o illegali – o attraverso conti svizzeri anonimi di diversi dittatori del terzo mondo o sotto forma di rimborsi dei "costi logistici" alle varie organizzazioni e società umanitarie – e che quindi questo denaro non arriva nemmeno ai bisognosi.

Lo conferma anche l’indice di percezione della corruzione (CPI) del 2005 di Transparency International

“La corruzione è una delle principali cause della povertà in molti paesi in via di sviluppo e un ostacolo al suo superamento”, ha dichiarato Peter Eigen, fondatore e presidente di Transparency International. "Corruzione e povertà sono interconnessi e imprigionano gli abitanti dei paesi colpiti in una spirale di miseria. Ci si deve occupare intensamente del tema della corruzione se si vuole che le donazioni producano effetti tangibili nel liberare le persone dalla povertà."

(Vedi anche il Indice di corruzione – CPI 2005 di Transparency International)


Infine, in riferimento al tema dell’amore per il prossimo, potremmo ancora chiederci che cosa vuol dire veramente "amare (...) come te stesso". Ma qui non dovrebbe essere difficile rispondere: tutto ciò che concedo a me stesso – dalle cose materiali che mi posso permettere fino agli errori che tollero – devo concederlo anche al mio prossimo, materialmente o idealmente. E così rispondiamo contemporaneamente anche alla questione della proporzionalità: in base a questa definizione ciò che non posso o non voglio permettermi, non devo permetterlo nemmeno al mio prossimo.

Con il consiglio conclusivo summenzionato in Luca 10,37: "Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa", il Signore fa notare allo scriba allo stesso tempo di aver posto la sua domanda in maniera sbagliata. La domanda non è "Chi è il mio prossimo?", ma "Di chi sono il prossimo?"

Come si può notare, questa legge è il comandamento dei cristiani di amare le persone nelle loro immediate vicinanze. Da una parte, aiutando il bisognoso e mostrandoci come suo prossimo, dall’altra, se veniamo aiutati, amando questa caritatevole persona che ci aiuta, il nostro prossimo, anche e soprattutto per averci aiutato. E nessuna di queste cose, soprattutto la seconda, si può realizzare a distanza e in maniera indistinta.


L’amore per il prossimo.

Similmente alla falsa interpretazione di "minimi dei miei fratelli" la completa inversione di senso del concetto biblico di "amore per il prossimo" operata dalle chiese, dai predicatori e dalle organizzazioni umanitarie, è una delle più grandi truffe messa in atto per suscitare la compassione nei contemporanei creduloni e, con poca fatica, accumulare il denaro delle donazioni.

Secondo le parole del Signore Gesù Cristo nella parabola del Buon Samaritano, il comandamento dell’amore per il prossimo non è l’amore e il sostegno dei bisognosi, come l’ipocrita Chiesa cattolica vuole sempre darci ad intendere, ma è – al contrario – l’amore per quegli esseri umani che cihanno aiutato.

In questo testo biblico un ascoltatore del Signore chiede chi sia allora questo "prossimo" che si deve amare. E il Signore gli racconta questa parabola nella quale un uomo venne assalito e derubato e lasciato ferito sulla strada. Due ecclesiastici ebrei passarono accanto a lui noncuranti e solo un uomo dalla Samaria, che per terzo gli passò davanti, lo ha aiutato.

E da questa parabola, ora, il Signore in Luca 10,36-37 trae la risposta alla domanda su chi sia, dunque, il prossimo di una persona:

"Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni? Quegli rispose: Colui che gli usò misericordia. Gesù gli disse: Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa".

’ Samaritano è dunque il "prossimo" di questo ferito. E perciò anche questo ferito deve amare il samaritano – il prossimo (Mat 22:39) –, perché egli lo ha aiutato e ha provveduto a lui. Perciò il comandamento dell’amore per il prossimo suona nel modo seguente: ama quegli esseri umani che ti hanno aiutato e mostra loro parimenti il tuo amore che essi ti hanno mostrato il loro amore, essendoti di aiuto.

L’AMORE  PER  IL  PROSSIMO  NON  È  QUINDI  UNA  CATEGORIA  DELLA  COMPASSIONE,  MA  UNA  CATEGORIA  DELLA  GRATITUDINE.



L’amore per il nemico.

Si nota ora un interessante parallelo tra le dichiarazioni del Signore sul "prossimo" nei summenzionati passaggi in Luca 10,25-37 e Mat 5,43 e il suo comandamento subito dopo in Mat 5,44: "amate i vostri nemici". Così come gli esegeti, in totale contrasto con la dichiarazione del Signore, da secoli interpretano erroneamente il "prossimo" non come il Samaritano, cioè il soccorritore, ma come l’aggredito, "attribuendo" così falsamente e perfidamente questo comandamento ai poveri e ai bisognosi di tutto il mondo, allo stesso modo, anche nel caso dell’amore per il nemico, per semplicità si è rinunciato a un’analisi più attenta e si è esteso questo comandamento cristiano dell’amore per il nemico a tutti i truffatori, assassini e ladri di tutto il mondo, cosicché questo comandamento, poiché impossibile da realizzare, alla fine è stato dichiarato un’utopia.

Se ora cerchiamo di svelare il contesto corretto di questa dichiarazione del Signore, ci imbattiamo in un altro parallelo con l’amore per il prossimo: così come questo non si riferisce ai poveri di tutto il mondo ma solo a quelle persone che ci sono state personalmente vicine e ci hanno aiutato nella nostra vita, allo stesso modo l’amore per il nemico non si riferisce ai criminali di tutto il mondo, ma solo a quelle persone nelle nostre immediate vicinanze che ci sono personalmente ostili. E come succede per l’amore per il prossimo, anche nel caso dell’amore per il nemico le persone coinvolte devono necessariamente anche conoscersi di persona. Solo in questo modo possiamo adempiere all’obbligo di amare i nostri nemici. E ciò ci offre anche un appiglio per comprendere la dichiarazione del Signore in Mat 5,44:

«Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano»

Così come succede per gli altri comandamenti del Signore in questo contesto, anche l’esortazione ad amare i nemici viene letta solo superficialmente e quasi mai analizzata criticamente. Pare che a pochissimi interessi sapere cosa si intende effettivamente qui e il suo significato; si lanciano immediatamente in simbolismi come "finalità spirituale", "dichiarazione di governo del regno di Dio", ecc. Ecco perché considereremo e analizzeremo questi comandamenti singolarmente:

Mat 5,39 Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; 5,39 Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; Mat 5,39;

La persona che qui mi colpisce sulla guancia destra non può trovarsi lontana da me, da qualche parte nel vasto mondo, ma – come ci dice l’esperienza – deve stare accanto a me, deve essermi vicina, altrimenti non potrebbe neanche colpirmi.

Mat 5,40 e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Mat 5,40;

Anche la persona che vuole citarmi in giudizio o che vuole prendersi la mia tunica deve avere un contatto personale con me e conoscermi – e viceversa.

Mat 5,41 Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Mat 5,41;

E a maggior ragione, se qualcuno vuole costringermi a fare un miglio, difficilmente sarà possibile se si trova dall’altra parte del mondo..

Mat 5,42 Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera un prestito da te, non voltar le spalle. Mat 5,42;

In base allo spirito di queste dichiarazioni, anche la persona che mi chiede aiuto o un prestito deve conoscermi personalmente. Nel caso delle lettere con richieste di denaro che oggi riceviamo a profusione, la maggior parte delle donazioni non arriva affatto ai bisognosi, ma serve per coprire i costi di organizzazione e amministrazione, le spese logistiche e gli stipendi dei dipendenti. Alla fine, ciò che rimane per i poveri è talmente poco che è necessario donare costantemente e sempre di più.

Un cristiano biblico che aiuta un predicatore, un evangelista o un missionario – che conosce personalmente, di cui ha esaminato la fede e i "frutti" giungendo alla convinzione che questa persona opera in nome di Dio e proclama la verità biblica – agisce a sua volta per ordine di Dio sostenendo l’opera di tale predicatore. Ma molti cristiani agiscono in maniera differente. Abbandonano la responsabilità e danno soldi a non credenti o a falsi credenti truffatori che si arricchiscono con le donazioni, vivono in ville sfarzose e guidano auto di lusso (come alcuni predicatori negli Stati Uniti).

Mat 5,44 «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» Mat 5,44;


Per poter amare il mio nemico – cioè la persona che non mi ama – devo quindi conoscerlo personalmente e lui deve conoscere me. Come faccio a sapere chi non mi ama in Africa, in India, in Asia o in qualsiasi altra parte del mondo? E devo conoscere anche quelli che mi perseguitano, altrimenti non potrei pregare per loro.

Come è facile intuire, tutti questi comandamenti partono dal chiaro presupposto che le persone coinvolte si conoscano personalmente e abitino possibilmente vicino. L’argomento in base al quale oggi viviamo nell’era della globalizzazione e le distanze si stanno accorciando sempre di più è certamente corretto, se riferito al commercio, al movimento di capitali e alla comunicazione in generale. Come sempre, tuttavia, possiamo valutare e affrontare al meglio la povertà spirituale e materiale e il bisogno di aiuto delle persone se le conosciamo personalmente e siamo nella posizione di giudicare i loro problemi e bisogni. Ma ovviamente questo è molto più impegnativo e fa molto meno impressione di una preghiera di 5 minuti recitata in pubblico per "il mondo".

Di conseguenza, alla domanda nel titolo di questo discorso "I cristiani devono amare i loro nemici?" bisogna chiaramente rispondere in maniera affermativa. Ma certamente ponendo l’accento sui "loro" nemici. Da nessuna parte nella Bibbia c’è scritto che dobbiamo amare i nemici degli altri, figuriamoci le persone di tutto il mondo. E anche con alcuni dei nostri nemici la Scrittura ci esorta a stare lontani da loro e a prendere le distanze dalle loro attività.

 Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi;

2Cor 6,14 Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c’è tra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? 6,15 E quale accordo fra Cristo e Beliar? O quale relazione c’è tra il fedele e l’infedele? 2Cor 6,14-15;

Un fratello, chi è un fornicatore, o un avaro o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un ladro; con un tale non dovete neppure mangiare.

1Cor 5,9 Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; 5,10 non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl’idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; 5,11 Ma ora vi ho scritto di non mescolarvi con chi, facendosi chiamare fratello, sia un fornicatore, o un avaro o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un ladro; con un tale non dovete neppure mangiare. 5,12 Tocca forse a me giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? 5,13 Ora è Dio che giudica quelli di fuori. Perciò togliete il malvagio di mezzo a voi. 1Cor 5,9-13;

Se tuo fratello ha peccato contro di te, e se rifiuta d’ascoltare, sia per te come il pagano e il pubblicano.

Mat 18,15 «Se tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; 18,16 ma, se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. 18,17 Se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla chiesa; e, se rifiuta d’ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano. Mat 18,15-17;

Non sapete voi che idolatri, effeminati, omosessuali non erediteranno il Regno di Dio.

1Cor 6,9 Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, 6,10 né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio. 1Cor 6,9-10;

Non siate dunque loro compagni;

Efes 5,5 Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro o avaro (che è un idolatra) ha eredità nel regno di Cristo e di Dio. 5,6 Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli. 5,7 Non siate dunque loro compagni; Efes 5, 5- 7;

Non ricevetelo in casa e non salutatelo. Chi lo saluta, partecipa alle sue opere malvagie.

2Gio 1,8 Badate a voi stessi affinché non perdiate il frutto delle opere compiute, ma riceviate piena ricompensa. 1,9 Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio. 1,10 Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo. 1,11 Chi lo saluta, partecipa alle sue opere malvagie. 2Gio 1,8-11;

«Ma per gl’increduli e gli omicidi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo.»

Apoc 21,8 «Ma per i codardi, gl’increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda». Apoc 21, 8;


Il Discorso della Montagna.

Se il comandamento di Gesù "E se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due" (Mat 5:41) non valesse soltanto per i cristiani biblici ma si applicasse a tutti gli esseri umani di tutto il mondo, allora se un cristiano fosse costretto a fare una rapina in banca, in realtà dovrebbe farne due?

Se qualcuno lo costringesse a violentare una donna, allora insieme dovrebbero violentarne due, e se qualcuno lo costringesse a uccidere un cristiano, allora insieme dovrebbero ucciderne due?

Se un pastore cattolico ti costringesse a fargli violentare il tuo bambino, allora dovresti fargli violentare anche la tua bambina?

Come si può vedere, siamo di fronte a quell’interpretazione diabolica e fuorviante delle dichiarazioni del Signore che trasforma i cristiani in islamisti nelle loro azioni e i predicatori superficiali in seguaci di Satana.

Se questi comandamenti del Signore non si applicassero esclusivamente nell’ambito della comunità cristiana ma valessero per tutte le persone di questo mondo, allora il Discorso della Montagna sarebbe un plagio del diavolo e non un comandamento di nostro Signore.

All’argomentazione secondo la quale il Discorso della Montagna non dice nulla sul fatto che questi comandamenti debbano valere soltanto per i fratelli e le sorelle in Cristo, si deve controbattere che nel Discorso della Montagna non si dice neanche che il cristiano biblico non può rubare, violentare e uccidere, ma lo si dà per scontato.

Se, dunque, quest’ultima parte è senza dubbio contenuta implicitamente nel testo, non c’è motivo per cui lo stesso non debba valere anche per la prima parte. Tanto più che abbiamo una straordinaria dimostrazione di come il Signore stesso valuti questi non cristiani insieme ai quali noi cristiani dovremmo presumibilmente fare causa comune:

Giov 3,19 Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Giov 8:43-44; Mat 3:7; Mat 12:34-35; Mat 23:32-33). 3,20 Infatti chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano riprovate; 3,21 ma chi pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio. Giov 3,19-21;

Dobbiamo quindi abbandonare la luce e finire nell’oscurità? Sono le persone senza Dio di questo mondo e gli idolatri della Chiesa cattolica che vogliono convincerci a farlo. Loro vorrebbero che noi lo facessimo.

Ma quanto deve essere scarsa la conoscenza della Bibbia di quei predicatori che impongono di fare "due miglia" con tutte le persone senza distinzione – cioè con coloro che sono nell’oscurità?



Il Signore ha anche denunciato l’ipocrisia e la falsità del clero ebraico al tempo di Gesù, definendo tali religiosi come discendenti del diavolo. E proprio in questi giorni negli Stati Uniti si sono conclusi due processi. In quello relativo all’abuso sessuale di una ragazza di 14 anni da parte di un prete della diocesi californiana di Santa Rosa, la Chiesa cattolica romana è stata condannata a pagare un risarcimento di 3,3 milioni di dollari (2,5 milioni di euro).

Nell’altro processo la corte americana dello Stato federale del Kentucky ha accolto una class action di diverse centinaia di vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti cattolici della diocesi di Covington, e ha condannato la Chiesa cattolica a pagare il più grande risarcimento della storia, pari a 120 milioni di dollari (92 milioni di euro). Se ora consideriamo che anche nelle diocesi della California del Nord sono attualmente pendenti altre 150 cause legali e che l’anno scorso la diocesi cattolica romana di Boston ha dovuto pagare 85 milioni di dollari (circa 65 milioni di euro) alle 300 vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, allora il paragone con i nostri tempi è inevitabile.

Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro.

Giov 8,43 Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola. 8,44 Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna. Giov 8,43-44;

Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura?

Mat 3,7 Ma vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura? Mat 3, 7;

Razza di vipere, come potete dir cose buone, essendo malvagi?

Mat 12,34 Razza di vipere, come potete dir cose buone, essendo malvagi? Poiché dall’abbondanza del cuore la bocca parla. 12,35 L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone; e l’uomo malvagio dal suo malvagio tesoro trae cose malvagie. Mat 12,34-35;

Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna?

Mat 23,32 E colmate pure la misura dei vostri padri! 23,33 Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna? Mat 23,32-33;

Come la cera si scioglie davanti al fuoco, così periranno gli empi davanti a Dio.

Salm 68,1 Al direttore del coro. Di Davide. Salmo. Canto. Si alzi Dio, e i suoi nemici saranno dispersi, e quelli che l’odiano fuggiranno davanti a lui. 68,2 Tu li dissolverai come si dissolve il fumo; come la cera si scioglie davanti al fuoco, così periranno gli empi davanti a Dio. 68,3 Ma i giusti si rallegreranno, trionferanno in presenza di Dio, ed esulteranno di gioia. Salm 68,1-3;

Ma Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici.

Salm 68,22 Ma Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici, la testa chiomata di chi vive nel peccato. Salm 68,22;


Di conseguenza, chi pensa che dobbiamo amare

–   non credenti, idolatri, fornicatori, impuri, avidi, bestemmiatori,

–   ubriaconi, rapinatori, adulteri, amanti, pederasti, ladri,

–   codardi (nel confessare la loro fede in Gesù Cristo), macchiati di abominio, assassini e stregoni


si rende complice di questi idolatri senza nemmeno aver compreso le conseguenze che ciò effettivamente implica. E come succede per l’amore per il prossimo, si prende il comandamento riferito alle relazioni personali – e solo a queste – e lo si applica liberamente a tutti gli esseri umani, siano essi assassini, ladri, pedofili o rapinatori. E chiunque si permetta di criticare tale visione viene definito intollerante e fondamentalista. In un simile contesto il cardinale cattolico Josef Ratzinger, adesso (2005) Papa Benedetto XVI, ha giustamente definito tale atteggiamento come la "smodata arroganza del politicamente corretto".

Per concludere il tema dell’amore per il nemico mostriamo qui un altro parallelo con l’amore per il prossimo. Non possiamo sostenere l’amore per il prossimo e poi semplicemente dimenticare i nostri veri prossimi che ci sono stati vicini e ci hanno aiutato nella nostra vita come se non fossero mai esistiti. Dobbiamo dimostrare loro il nostro amore e la nostra gratitudine nelle parole e nelle azioni, così come ci hanno dimostrato il loro amore quando ci hanno aiutato.

E anche l’amore per il nemico non si realizza pensando che basti solamente menzionare una volta "Amo tutti i miei nemici" durante la preghiera per soddisfare tale comandamento. È un po’ come gli americani che dicono "Ti amo" in una frase su due. A un certo punto è diventata una frase vuota, nessuno la prende più sul serio. E allo stesso modo, sembra che alcuni cristiani non prendano sul serio l’amore per i nemici.

Come è possibile che a qualcuno possa venire in mente di poter amare tutti i suoi nemici sparsi nel mondo senza nemmeno conoscere proprio quelli che gli stanno intorno quotidianamente? No, in realtà non è così semplice. Le nostre preghiere devono essere presentate a Dio con sincerità e in verità. E il fatto che amiamo i nostri nemici non deve essere una frase vuota a caso, ma qualcosa che dobbiamo anche dimostrare nella vita quotidiana.

(Vedi anche Discorso 18: "’ perdono: compito di Dio e dei cristiani?")


Il primo passo potrebbe essere quello di riflettere su chi sono i nostri nemici nella realtà. E poi forse ci renderemo conto che alcuni di loro non sono affatto i nostri nemici, ma che piuttosto siamo noi i loro nemici. Con un cambiamento adeguato del nostro comportamento possiamo probabilmente risolvere la cosa guadagnando un nemico in meno.

E, al contrario, è possibile anche scoprire che uno dei nostri amici in realtà non è nostro amico, ma piuttosto il nostro nemico. E anche in questo caso parlare apertamente con questa persona potrebbe portare a un chiarimento. Deve essere chiaro, tuttavia, che tutte quelle persone di cui la Scrittura ci esorta a non diventare complici, come ladri, ubriaconi, rapinatori, adulteri, pedofili, effemminati (omosessuali), avidi, fornicatori, idolatri e bestemmiatori, siano essi amici o nemici, non possono più contare sulla nostra approvazione se dopo aver parlato con loro e averli invitati a redimersi hanno dimostrato di non voler abbandonare la loro strada.

Per amor di completezza vorrei fare qui ancora un riferimento a una circostanza che colpisce proprio in relazione all’errata interpretazione dell’amore per il prossimo e per il nemico, perpetrata da secoli. Viene spontaneo chiedersi se questa errata interpretazione sia da attribuire all’incapacità degli esegeti o se – almeno nel caso dell’amore per il prossimo – non si tratti semplicemente di consapevole falsificazione biblica. Ma chi dovrebbe fare una cosa del genere? La risposta a questo tipo di domanda di solito si trova individuando il soggetto che potrebbe trarre vantaggio da un’azione simile (il principio cui bono?).

Mentre il comandamento biblico dell’amore per il prossimo obbliga i cristiani a ringraziare i propri soccorritori, nella definizione corrente si è completamente perso l’obbligo della gratitudine, che – invertendo il senso del comandamento – invece, è diventato l’obbligo del soccorritore di aiutare i poveri di tutto il mondo. Ma questo significa che i beneficiari di questa falsificazione biblica sono tutti i poveri del mondo.

Se ora consideriamo che oggi i soccorritori si trovano per lo più nel "primo" mondo cristiano, cioè Europa e Stati Uniti, mentre i poveri vivono nel "terzo" mondo, cioè Sud America, Africa, Asia, diventa subito chiaro che attraverso l’errata interpretazione di questo comandamento i cristiani sono stati spinti ad aiutare culture materialmente povere ma completamente estranee dal punto di vista della fede e che contemplano l’adorazione di idoli e spiriti (Sud America), necromanzia, sette di assassini e religioni con sacrifici umani (India), sciamanesimo (Africa), ecc.

Tuttavia, ad una più attenta analisi delle correlazioni, scopriamo un altro beneficiario di questa errata interpretazione. Da secoli la Chiesa cattolica romana svolge missioni di evangelizzazione presso molti di questi popoli, e presso alcuni di essi è riuscita a convertire la stragrande maggioranza della popolazione alla fede cattolica. In America meridionale e centrale, tuttavia, nel XVI secolo ciò ha comportato quasi lo sterminio di 500.000 indios da parte dei cattolici spagnoli e portoghesi in nome della Chiesa cattolica. Sebbene il Brasile ad esempio oggi sia cattolico per il 93%, questi "cristiani" non trovano affatto strano andare a messa la domenica mattina e il pomeriggio adorare gli spiriti della terra e della foresta – che nel frattempo sono stati promossi a santi cattolici – offrendo loro sacrifici per un buon raccolto. In Africa esistono pratiche molto simili che si rifanno allo sciamanesimo e ai culti voodoo. Questo è il cattolicesimo che esiste effettivamente in questi paesi.

Queste persone non sono state convertite al cristianesimo, ma sono state derubate di tutti i loro beni e cattolicizzate per aumentare la ricchezza e il potere della Chiesa cattolica e delle dinastie cattoliche in Europa di quel tempo. A quel periodo risale anche la seguente dichiarazione del cacicco Hatuey, un capo indio cubano famoso ancora oggi, che prima di essere bruciato sul rogo fu esortato alla conversione dal monaco francescano dei conquistadores, affinché giungesse nel Regno dei Cieli.

"’ cacicco ci pensò un attimo e poi chiese al religioso se anche i cristiani spagnoli sarebbero giunti in cielo. ‘Ma certò’, disse il religioso, ‘tutti i buoni cristiani giungono in cielo, anche gli spagnoli!’ Subito e senza ulteriori esitazioni il cacicco rispose che là non ci voleva andare, ma che piuttosto avrebbe preferito andare all’inferno pur di non vedere mai più esseri umani così crudeli".


Questa arrogante e del tutto ingiustificata autovalutazione della Chiesa cattolica persiste ancora oggi. Così l’ex cardinale Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella "Dichiarazione Dominus Iesus" affermò: "’ Cattolicesimo è la sola via verso la salvezza", negando così tale virtù a tutte le altre chiese cristiane. Ciò serviva certamente anche a documentare il "primato" della Chiesa cattolica su tutte le altre chiese cristiane.

E nonostante la Chiesa cattolica abbia accumulato immense ricchezze nel corso dei secoli, continua a sborsare milioni di risarcimenti a seguito delle condanne subite per gli abusi sessuali dei suoi preti, mentre quando si tratta di catastrofi nei paesi del terzo mondo organizza raccolte di fondi solo perché ha la "coscienza sporca" e proprio in virtù di questa erronea interpretazione del comandamento dell’amore per il prossimo.

In questi casi non si è mai sentito parlare di grandi donazioni da parte del Vaticano. Si teme quindi che la Chiesa cattolica romana non abbia nulla contro questa errata interpretazione del comandamento dell’amore per il prossimo e perciò non abbia fatto nulla per correggerla. Alla fine, molti cristiani devoti in Europa e negli Stati Uniti finanziano tutte le religioni idolatriche assorbite dalla Chiesa cattolica.

(Vedi anche Discorso 32: "Commento sulla Dichiarazione ‘Dominus Iesus’ della Congregazione per la Dottrina della Fede Cattolica.")


E questo è anche perfettamente in linea con quel piano propagato negli ultimi anni in maniera sempre più chiara da insider di questa Chiesa, cioè la creazione di un "ecumenismo mondiale di tutte le religioni sotto l’egida dell’unica Chiesa cattolica". Che si tratti di assassini, sciamani, stregoni voodoo o adoratori di spiriti, nella Chiesa cattolica tutto è riunito in un’unica religione ecumenica mondiale. A questo proposito naturalmente torna molto utile anche il fatto che il comandamento dell’amore per il nemico sia poi stato esteso anche a tutti gli empi e ai criminali di questo mondo. E così non c’è neanche da stupirsi che nella sua omelia di insediamento come Papa Benedetto XVI, Josef Ratzinger lanciasse il seguente invito:

"mio pensiero, infine – quasi come un’onda che si espande – va a tutti gli uomini del nostro tempo, credenti e non credenti. Cari amici! …facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità, che tu (il Signore) ci hai promesso."


Quindi dovrebbero venire tutti. Quelli che credono in questo unico Dio Onnipotente, e anche gli altri, gli empi, gli atei e i bestemmiatori, ma anche quelli che credono in altri dèi, idoli o spiriti. La fede non è più il criterio fondamentale e tanto meno lo è la confessione di fede in Gesù Cristo. L’obiettivo è l’unità della massa: tutti sono benvenuti nel grembo dell’unica e grande Chiesa cattolica – che conta ormai più di un miliardo di membri (ma non un miliardo di cristiani!) – per unirsi all’ecumenismo mondiale di tutte le religioni. Tuttavia, questa certamente non è l’unità che ci ha promesso Nostro Signore Gesù Cristo. E

Padre santo del cristianesimo biblico.

Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi.

Giov 17,6 Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati dal mondo; erano tuoi e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. 17,7 Ora hanno conosciuto che tutte le cose che mi hai date, vengono da te; 17,8 poiché le parole che tu mi hai date le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute e hanno veramente conosciuto che io sono proceduto da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato17,9 Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi; 17,10 e tutte le cose mie sono tue, e le cose tue sono mie; e io sono glorificato in loro. 11 Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi. Giov 17,6-11;

(Vedi anche Discorso 78: "Dottrina cattolica e Bibbia – una disputa.")


Nostro Signore Gesù Cristo ha chiesto qui al Padre che noi, come cristiani biblici, affinché siamo uno, proprio come il Padre e il Figlio sono (spiritualmente) uno. Ma cosa fa il Papa Benedetto XVI. di questa chiara dichiarazione: invita "tutti gli uomini del nostro tempo": i criminali, gli abusatori di bambini, i senza Dio e gli idolatri, etc., a diventare "uno" con la Chiesa cattolica. Questo è il metodo secolare della Chiesa cattolica.

Si prendono le promesse e i comandamenti (ad es. l’amore per il prossimo, l’amore per i nemici, ecc.), che il Signore ha rivolto alla comunità dei cristiani biblici e si falsifica, non la formulazione, ma i destinatari. Queste parole sono rivolte a tutte le persone del mondo, compresi i criminali impenitenti, stregoni, atei, ecc. e sono invitate a unirsi alla "santa" Chiesa cattolica.

Non per giungere alla fede in Gesù Cristo, ma per aumentare il numero dei membri, per pagare le tasse ecclesiastiche e per diventare ancora più famosi e potenti nel mondo grazie ai numeri. Per questo, l’attuale Papa Francisco è già disposto a baciare i piedi nudi di criminali impenitenti, dei senza Dio e degli idolatri nel penitenziario di Civitavecchia, vicino a Roma!

"Santo Padre" della Chiesa cattolica.

Papst1  Papst2  Papst3


manifestarsi di simili aberrazioni della fede cristiana e dei pericoli che ciò comporta ha attirato frequenti critiche da diversi ambienti, perché con il pretesto "dell’amore e della tolleranza" si preferisce nascondere tutte le domande sgradevoli per poi tirarle fuori come argomenti di discussione al momento opportuno.

Wilfried Plock, nel suo libro "Gott ist nicht pragmatisch" ["Dio non è pragmatico"] ha affermato quanto segue:

’ negativo non è taciuto nemmeno nella Bibbia

"«Non disprezzate le profezie; ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene! Astenetevi da ogni specie di male». (1Tess 5,20-22) Dopo aver fatto un’osservazione critica in pubblico in riferimento a una diversa idea di sviluppo della comunità cristiana, mi scrisse un giovane teologo. Sosteneva che Paolo aveva esortato i Tessalonicesi unicamente a esaminare ogni cosa e a ritenere il bene. Paolo non avrebbe preteso di menzionare anche il negativo. Questa visione mi sembra sintomatica dell’epoca attuale. La filosofia della tolleranza vorrebbe lasciar tutto com’è e in linea di principio evitare quanto più possibile le critiche. Soprattutto deve evitare di tirare linee di demarcazione. D’altra parte, chi legge attentamente il Nuovo Testamento noterà che sia Gesù Cristo che gli apostoli molto spesso criticavano e si distinguevano (Mat 16,11-12; Mat 23; 1Cor 15,12; 2Cor 11,1-4; 3Gio 9-10; ecc.). Paolo addirittura rimproverò pubblicamente Pietro quando si trattò della «verità del Vangelo»  (Gal 2,14)."


Nel seguente passaggio in Mat 10,11-15 anche lo stesso Signore Gesù parla di coloro che non accettano il Vangelo e non vogliono ascoltare

Se qualcuno non vi riceve né ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scotete la polvere dai vostri piedi.

Mat 10,11 In qualunque città o villaggio sarete entrati, informatevi se vi sia là qualcuno degno di ospitarvi, e abitate da lui finché partirete. 10,12 Quando entrerete nella casa, salutate. 10,13 Se quella casa ne è degna, venga la vostra pace su di essa; se invece non ne è degna, la vostra pace torni a voi. 10,14 Se qualcuno non vi riceve né ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scotete la polvere dai vostri piedi. 10,15 In verità vi dico che il paese di Sodoma e di Gomorra, nel giorno del giudizio, sarà trattato con meno rigore di quella città. Mat 10,11-15;


E non ci ha detto di invitare a casa le persone che non si vogliono convertire e diventare una cosa sola, come vorrebbe il Papa, ma, al contrario, ci ha detto di voltar loro le spalle e di lasciarli perseverare nella loro empietà e nella loro idolatria. E come dice il Signore, Sodoma e Gomorra saranno trattate con meno rigore di questi senza Dio e idolatri nel giorno del Giudizio.

Per quanto riguarda il nostro commentatore Hans-Peter Gasser, prima di pregare per gli atei di tutto il mondo, gli consiglierei di pregare prima per se stesso e per la sua fede, affinché il Signore gli conceda la giusta conoscenza e la giusta fede per poter riconoscere personalmente per chi deve pregare e per chi no.


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(’ Samaritano è solo un nostro simile? / Commento di Peter Buschauer 00, 19-05-2005)

’ 6 gennaio 2005 ho inviato una e-mail relativa a Luca 10,36 alla NGü-Bibelübersetzung [Neue übersetzung der Genfer Bibelgesellschaft / Nuova Riveduta della Società Biblica di Ginevra] con il seguente contenuto:

"Questa mattina, leggendo la Bibbia nella versione della Società Biblica di Ginevra, a mio avviso c’era un errore di interpretazione o di traduzione. Ciò che nella Riveduta viene tradotto con

‘Was meinst du, wer von diesen dreien der Nächste dessen gewesen ist, der unter die Räuber gefallen war?’

[‘Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?»’]’


nella versione della Società Biblica di Ginevra è tradotto con

‘Wer von den Dreien hat an dem, der den Wegelagerern in die Hände fiel, als Mitmensch gehandelt?’

‘Chi dei tre ha agito come nostro simile nei confronti di colui che s’imbatté nei ladroni?’


In questo modo si crea un riferimento completamente diverso rispetto alla versione di Elberfelder (che qui ho citato solo come esempio di traduzione fedele al testo originale). Per spiegare meglio cosa intendo ho copiato la discussione sollevata da questa domanda dal forum di discussione del sito web www.immanuel.at, Discorso numero 18, "’ perdono – affare di Dio e dei cristiani?"


Oggi [19 maggio 2005] ho ricevuto l’e-mail di risposta, tuttavia non sono del tutto d’accordo con essa. Nella sezione (f) ho notato che il signor Andreas Symank scrive di etica del Nuovo Testamento. Durante la lettura di questa sezione, tuttavia, sono giunto alla conclusione che in base all’etica dell’Antico Testamento il Signore Gesù qui sta spiegando il secondo comandamento a uno scriba cresciuto con l’Antico Testamento.

Penso che non potesse esserci occasione migliore per spiegare a uno scriba ebreo, sulla base della legge, che può essere volontà di Dio che lui ami un disprezzato Samaritano perché è diventato il suo prossimo. Penso che quando si parla di etica cristiana, il rischio di confondere l’etica con l’umanesimo sia molto alto. Di seguito la mail della NGü. Penso che possa trovarla interessante anche perché ho citato un estratto dal Suo Discorso n. 18.

Peter Buschauer buschauermusik@vol.at / https://members.vol.at/buschauermusik/



Peter Buschauer – un visitatore di Immanuel.at – nella summenzionata lettera alla Società Biblica di Ginevra si riferisce in particolare all’interpretazione del termine "prossimo" in Luca 10,36, così come viene riportata in diversi discorsi su questo sito web (sia nel presente discorso, sia, ad esempio, nel discorso 18). Alla sua lettera aveva risposto Andreas Symank, uno dei traduttori del progetto NGü; qui di seguito riproponiamo e commentiamo le sue argomentazioni.

"Egregio signor Buschauer, qualche tempo fa Lei aveva inviato una richiesta di informazioni alla Società biblica di Ginevra relativa a Luca 10,36. La Sua e-mail è stata inoltrata a me perché sono uno dei traduttori del progetto NGü. Mi scuso se sono riuscito a risponderle solo adesso. Innanzitutto La ringrazio per il Suo interesse espresso nei confronti del nostro lavoro e per la Sua scrupolosa lettura dei testi già tradotti. Per quanto riguarda le Sue osservazioni, ecco alcune indicazioni: (a) Effettivamente colpisce il fatto che Gesù non risponda subito e alla lettera alla domanda dello scriba ("E chi è il mio prossimo?"), ma che in qualche modo la capovolga ("Chi ti pare essere diventato il prossimo di colui che...?")."


Qui Gesù non "capovolge" nulla, ma alla fine della parabola verifica – con la base di giudizio offerta dalla parabola – se ora lo scriba è in grado di rispondere da solo alla sua domanda "Chi è il mio prossimo" e comprendere che i prossimi non sono i bisognosi, ma i soccorritori.

"(b) Allo stesso tempo, però, è anche chiaro che l’esortazione finale ("Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa") non può che riferirsi all’azione del Samaritano. ’ sacerdote e il Levita rappresentano esempi negativi, e dell’aggredito non viene riportata alcuna azione positiva. Gesù non poteva che intendere: "Fai come il Samaritano", in altre parole: aiuta chi ha bisogno di aiuto; questo è il tuo prossimo (o, per dirlo chiaro e tondo: tu sei il suo prossimo)."


In base alla suddetta dichiarazione:

"chi ha bisogno di aiuto; questo è il tuo prossimo (o, per dirlo chiaro e tondo: tu sei il suo prossimo)"

dobbiamo chiederci e chiedere all’autore chi è veramente il prossimo: il Samaritano o il bisognoso d’aiuto – o entrambi? In questa conversazione lo scriba pone una domanda molto chiara, e senza ombra di dubbio il Signore risponde a questa domanda in modo molto concreto e inequivocabile. La suddetta dichiarazione del traduttore della NGü, per cui sia il bisognoso che il Samaritano sono i "prossimi", semplicemente ignora e capovolge questa risposta. Qui si riconosce che evidentemente manca la capacità o la volontà di comprendere lo sfondo di questa situazione e queste chiare affermazioni del Signore..

"(c) Nella suddetta "inversione" di senso (non: "E chi è il mio prossimo?", ma: "Di chi sono il prossimo?"), Gesù approfitta del fatto che "prossimo" è un termine reciproco. Se sono il vicino di una persona, allora, al contrario, quest’altra persona è la mia vicina. Se A è il fratello di B, allora B è il fratello di A. E così come posso dire di una persona che è il mio prossimo, allo stesso modo vale anche il contrario. Io sono il prossimo di una persona, questa persona è il mio prossimo."


’ termine biblico "prossimo" non indica né un rapporto di vicinanza locale, né un rapporto genetico tra due persone, ma indica (o meglio: distingue) un atteggiamento di misericordia e disponibilità ad aiutare una – e ogni volta solo una – determinata persona; ciò vale sia per questa parabola, sia nella vita quotidiana.

"(d) Gesù, quindi, compie un cambiamento di prospettiva. Mentre chiedo: "E chi è il mio prossimo?", il mio sguardo si rivolge all’oggetto (e ora qui potrei passare tutto il mio tempo a cercare un oggetto adatto alle mie opere di bene!). Ma non appena chiedo: "Di chi sono il prossimo?", il mio sguardo si rivolge al soggetto, cioè a me stesso, e devo chiedermi: Sono pronto a essere il prossimo dell’altro? Sono pronto ad aiutarlo? ’ problema, come ci mostra Gesù, non è l’altro; il problema sono io: sono pronto a essere fratello di mio fratello, che ha bisogno di aiuto? In altre parole: nella relazione tra prossimo e prossimo la domanda non è se da qualche parte c’è un prossimo bisognoso di aiuto (c’è sempre qualcuno!), ma se c’è un prossimo disposto ad aiutare noi (questo dobbiamo diventare; Gesù stesso ci è stato d’esempio)."


Questo paragrafo corrisponde esattamente alla conclusione della parabola – fino a quando non giungiamo all’ultima frase. Qui viene introdotta una "relazione tra prossimo e prossimo" che semplicemente non è presente in questa parabola. Non si tratta della relazione tra due "prossimi", ma della definizione e della caratterizzazione dell’unica e sola persona in questa parabola che può essere indicata come il prossimo. E questa è il Samaritano – e non l’aggredito!

"(e) In questo modo Gesù chiarisce anche che l’amore pratico che dobbiamo mostrare agli altri non deve dipendere dall’oggetto. Non devo trattare un malato simpatico meglio di uno antipatico. (’ Samaritano si è preso cura dell’ebreo con la stessa attenzione che avrebbe mostrato per un suo compatriota.) L’entità e la qualità dell’amore non si basano sulla persona che abbiamo di fronte, ma dipendono dal mio controllo. Sono chiamato a misurare il mio amore con l’amore di Dio – e Dio è imparziale; Dio dà tutto a tutti con generosità e in abbondanza."


Questa dichiarazione è ora pienamente condivisibile. Queste sono le qualità morali della persona che il Signore indica come il "prossimo", cioè quelle del Samaritano e quindi di tutte quelle persone caritatevoli e pronte ad aiutare.

"(f) La traduzione della NGü, a mio avviso, prende in considerazione tutto questo in maniera corretta e comprensibile. D’altra parte, l’interpretazione che Lei cita da internet è palesemente errata. Questa capovolge la conclusione: qui lo scriba non viene più esortato ad agire come il Samaritano, ma come l’aggredito (delle cui opere positive la parabola non dice proprio nulla!). "Mostra il tuo amore a colui che ti ha aiutato", insegna quell’interprete di internet. La conclusione logica sarebbe: "... ma non mostrarlo a chi ti nega il suo aiuto" (cioè: fai del bene al Samaritano, ma non al sacerdote, né al Levita). A questo punto dovrebbe ormai essere chiaro che così si abbandona il fondamento dell’etica del Nuovo Testamento. Gesù ha insegnato e comandato esattamente il contrario (Matteo 5,43-38)."


Ora, questa parabola ruota fondamentalmente intorno alla domanda dello scriba "Chi è il mio prossimo?". E per la sola ragione di chiarire come deve essere osservato il comandamento di Dio in Levitico 19,18: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". ’ Signore risponde a questa domanda indicando che il prossimo non è il bisognoso, ma, al contrario, il soccorritore – cioè il Samaritano – che è diventato il prossimo dell’aggredito perché lo ha aiutato; di conseguenza, in base al secondo comandamento (Mat 22,39), il Samaritano deve essere amato dall’aggredito, così come questi ama se stesso.

La semantica e la portata di questa dichiarazione del Signore in Luca 10,36: "Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?", e la risposta corretta dello scriba nel versetto successivo: "Colui che ha avuto misericordia di lui", comprensibilmente non sono così evidenti per i lettori meno esperti della Bibbia. Tuttavia, chi per motivi professionali ha una certa padronanza della lingua tedesca, non dovrebbe avere alcun problema a comprendere il significato di queste due frasi.

Si tratta quindi piuttosto di un’errata interpretazione di questo traduttore, che capovolge i fatti e fa apparire l’aggredito come il prossimo del Samaritano. Mentre il Signore in questa parabola dichiara che tutti coloro che sono stati aiutati devono amare i loro soccorritori – cioè i loro prossimi – come se stessi e quindi ringraziarli per essere stati caritatevoli nei nostri confronti e pronti ad aiutarci, questo traduttore postula l’esatto contrario.

E cioè che il soccorritore deve ringraziare colui che ha aiutato e deve amarlo come se stesso, mentre il bisognoso d’aiuto deve amare coloro che lo hanno lasciato impotente per terra. Se fosse effettivamente questo il senso, allora il Signore certamente non avrebbe chiamato gli scribi ebrei del suo tempo "serpenti e razza di vipere" nei summenzionati passaggi Mat 3,7, 12,34 e 23,32, e non li avrebbe definiti come figli del diavolo in Giov 8,44.

Nella sua dichiarazione finale il traduttore intende poi dire che in questa parabola l’aggredito deve ringraziare e mostrare il suo amore al sacerdote e al Levita, che indifferenti gli sono passati accanto, mentre giaceva impotente per strada. Ciò ora mostra la totale carenza di conoscenza biblica, ma anche la completa distanza dalla realtà di tali dichiarazioni. Chi la definisce “etica del Nuovo Testamento” non ha la minima comprensione né del Nuovo Testamento né di etica.

Infine, ecco ancora una volta il commento molto pertinente di Peter Buschauer a proposito del parere del traduttore della NGü:



Nella sezione (f) ho notato che il signor Andreas Symank scrive di etica del Nuovo Testamento. Durante la lettura di questa sezione, tuttavia, sono giunto alla conclusione che in base all’etica dell’Antico Testamento il Signore Gesù qui sta spiegando il secondo comandamento a uno scriba cresciuto con l’Antico Testamento. Penso che non poteva esserci occasione migliore per spiegare a uno scriba ebreo, sulla base della legge, che può essere volontà di Dio che lui ami un disprezzato Samaritano perché è diventato il suo prossimo. Penso che quando si parla di etica cristiana, il rischio di confondere l’etica con l’umanesimo sia molto alto.

Peter Buschauer buschauermusik@vol.at / https://members.vol.at/buschauermusik/



Questa indicazione di Peter Buschauer colpisce nel segno. Lo scriba supponeva che il "prossimo", che doveva amare come se stesso, fosse il suo vicino. Dalla conversazione tra lui e il Signore si evince che questa domanda "Chi è il mio prossimo" non era nuova a quel tempo e non era la prima volta che gli scribi di Israele se la ponevano.

Ci si chiedeva come dovesse essere inteso questo comandamento e se il prossimo doveva essere visto come un familiare, come un nostro vicino di casa (qui possibilmente in Lev 19,17 viene fatta una distinzione) o se tutti gli Israeliti dovessero essere visti come prossimi (Lev 19,18). Se ora si estende questo concetto anche alle persone di tutto il mondo, abbiamo esattamente quel significato annacquato che oggi viene attribuito a questo termine cristiano.

Ed è proprio qui che il Signore con questa parabola inizia a farci capire che non dobbiamo stare a riflettere e a cercare chi è il nostro prossimo da amare come noi stessi, poiché questo prossimo si farà riconoscere da noi per essere caritatevole e pronto ad aiutarci. In questo modo il Signore non risponde solamente agli scribi d’Israele di quel tempo, ma fornisce una risposta valida anche per noi contemporanei di oggi.

Se vogliamo riconoscere chi sono i nostri prossimi, dobbiamo cercare tra quelle persone che ci hanno mostrato compassione e amore. E in cambio dovremmo amarli. Proprio come noi amiamo noi stessi. Questo è ciò che dice il Signore e questa ora è anche la cosa più ovvia del mondo, e come tale viene interpretata da tutte le persone di buon senso. Come mai allora alcune persone pensano che sia sbagliato?

Ma, come si sa, ciò è dovuto all’ipocrisia delle comunità religiose. Non ci si preoccupa di presentare una traduzione o un’interpretazione fedele alla Scrittura, ma le dichiarazioni del Signore sono interpretate in modo da poter incassare denaro per i "poveri del mondo". Denaro che questi "poveri del mondo" non vedranno mai, dato che scompare sui conti delle comunità religiose.

È un po’ come il perdono. Qui, con riferimento alla risposta del Signore in Mat 18,21-22 alla domanda di Pietro su quante volte avrebbe dovuto perdonare un fratello, le chiese cristiane secolari postulano che ogni cristiano deve perdonare tutto a tutte le persone.

«No», rispose Gesù. «Non solo fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette!»

Mat 18,21 Poi Pietro s’avvicinò a Gesù e gli domandò: «Signore, quante volte devo perdonare un fratello che mi ha fatto un torto? Fino a sette volte?» 18,22 «No», rispose Gesù. «Non solo fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette!» Mat 18,21-22;


Ma ciò che viene taciuto al popolo della chiesa è da un lato il fatto che il Signore qui parla di "fratello" (nel Signore). Dall’altro lato si nega il fatto che il perdono, in base alla Bibbia, si debba chiedere. È come fare e rispondere a una domanda. Rispondere a una domanda è possibile solo se prima tale domanda è stata posta. E così anche il perdono è possibile solo se prima è stato chiesto. E continuando a leggere la Bibbia, è esattamente questo che il Signore dice ai discepoli:

«Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: "Mi pento", perdonalo»

Luca 17,3 State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo. 17,4 Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: "Mi pento", perdonalo». Luca 17,3-4;


(I testi nella cornice nera sono citazioni dei visitatori di questo sito o di altri autori!)

(Qual è la dichiarazione decisiva nella parabola del Buon Samaritano? / Replica della Dott.ssa Monika von Sury 00, 02-10-2005)

Nella parabola di Gesù del Buon Samaritano credo certamente che sia decisiva la "relazione ostile" tra il soccorritore (Samaritano) e la persona aiutata (ebreo). Secondo me l’amore per il prossimo ha a che fare con Mat 5:44 e 46. Se, per esempio, mio padre mi aiuta, sarà relativamente facile amarlo come me stesso. Al contrario, se mi aiuta la persona che ha violentato mio figlio qualche anno fa, allora la questione sarà ben diversa.

Dottoressa Monika von Suryry – Royal Line info@royalline.ch / https://www.royalline.ch/d/traduction.asp



Condivido del tutto l’opinione della Dottoressa von Sury per cui l’emarginazione dei Samaritani operata dagli ebrei in quel periodo costituisce il reale e importantissimo sfondo di questa parabola del Signore. Tuttavia, per trarre le giuste conclusioni dobbiamo sempre chiederci perché il Signore racconta una determinata parabola.

E questa parabola è senza dubbio la risposta concreta del Signore alla domanda "Chi è il mio prossimo?", posta all’inizio dallo scriba. L’altra domanda: "Perché il sacerdote e il Levita non hanno prestato aiuto e il Samaritano sì?" trova certamente una risposta implicita in queste parole. Ma, a mio avviso, non è questa la dichiarazione decisiva. La dichiarazione decisiva è la risposta alla domanda "Chi è il mio prossimo?".

Per una migliore visione d’insieme ecco qui ancora una volta il testo di questa parabola:

’ buon Samaritano.

Luca 10,25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» 10,26 Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» 10,27 Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso».10, 28 Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai».

10,29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» 10,30 Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.

10,31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. 10,32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. 10,33 Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; 10,34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 10,35 ’ giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".

110,36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» 10,37 Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa». Luca 10,25-37;


E ora nel Suo summenzionato commento scrive:

"Se, per esempio, mio padre mi aiuta, sarà relativamente facile amarlo come me stesso. Al contrario, se mi aiuta la persona che ha violentato mio figlio qualche anno fa, allora la questione sarà ben diversa".


Naturalmente ha perfettamente ragione anche in questo caso. Nel Suo esempio, tra l’altro, si ribadisce un fatto a cui faccio continuamente riferimento a questo proposito, e che citerò anche più avanti: Dobbiamo conoscere personalmente sia i nostri prossimi che i nostri nemici; non dobbiamo farci convincere da sconosciuti "prossimi" o "nemici", sperduti da qualche parte nel mondo. E forse per Lei personalmente è una cosa ovvia il fatto di poter amare Suo padre come se stesso. Ma conosco famiglie dove questa non solo non è un’ovvietà, ma a causa di vari eventi è del tutto impensabile.

Ma proprio a questo mira la risposta del Signore: non importa affatto chi fosse o sia la persona che ci aiuta. Che si tratti di nostro padre, di un depravato o di chiunque altro. La cosa decisiva è che questa persona ci aiuti qui e ora. Ciò fa di questa persona il mio prossimo. E non il rapporto di parentela,o l’appartenenza a una certa classe, razza o nazionalità.

Ora so bene che non essendo coinvolto è relativamente facile per me esprimere giudizi a tal proposito. Tuttavia, dalla mia esperienza di vita posso dire che non ho mai incontrato una persona così ostinatamente cattiva che all’improvviso volesse in qualche modo aiutarmi. Sarebbe contro la sua natura. In questi rari casi si è sempre scoperto che questa persona era cambiata e voleva rimediare ai propri errori.

Ma ora torniamo alle Sue citazioni bibliche:

Mat 5,44 Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 5,45 affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 5,46 Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? 5,47 E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto? 5,48 Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste. Mat 5,44-48;

Nella Sua summenzionata citazione biblica si dice:

"Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?"


Ragionando al contrario quindi, questa dichiarazione del Signore significa quanto segue:

o  Tra i fratelli nel Signore dobbiamo amare anche coloro che non ci amano.

o  Tra tutte le persone dobbiamo salutare anche coloro che non sono nostri fratelli nel Signore..


Eppure gli atei e gli adoratori di idoli cattolici vogliono convincerci che dobbiamo amare tutte le persone, nonostante il Signore non abbia detto nulla a tal proposito.

In generale, la dichiarazione del Signore in Mat 5,44-48 continua, purtroppo, a essere citata in maniera molto indifferenziata. Da ciò poi se ne deduce che dobbiamo amare tutti i popoli del terzo mondo, anzi addirittura tutte le persone. ’ fatto che le cose stiano diversamente lo dimostra la logica conseguenza che per amare il mio nemico in senso biblico devo conoscerlo personalmente. La forma di "amore" qui impiegata dal mondo non ha alcun fondamento biblico. E devo conoscere personalmente anche quelli che mi perseguitano, altrimenti non posso pregare per loro. – Sempre a condizione che si tratti di vere e autentiche preghiere nello spirito a Nostro Signore e non lo sciorinare di frasi vuote e formule stereotipate.

Di conseguenza, ciò che le chiese istituzionali propagano e le organizzazioni sociali riprendono è un completo annacquamento di questo comandamento del Signore. Poiché nella maggior parte dei paesi occidentali i cristiani fanno parte delle persone benestanti e con più mezzi finanziari, si cerca di convincerli a considerarsi debitori di tutto il mondo, al fine di ottenere il loro sostegno finanziario per ogni sorta di progetto possibile e impossibile e, in primo luogo, naturalmente per gli stipendi dei dipendenti questo settore.

Di conseguenza, è necessario fare le dovute distinzioni. In primo luogo, questa dichiarazione dell’amore per il nemico non si applica a "tutte persone ". Né del primo né del terzo mondo. Ma si applica a quelle persone che sono i nostri nemici personali che conosciamo, con cui siamo in contatto. Dopodiché si applica a quelle persone che ci perseguitano personalmente – qualunque sia il motivo. Anche queste persone devono conoscerci personalmente e non possono essere semplici fantasmi, che si presume debbano "perseguitarci" in questo mondo.

Ma dobbiamo anche saper distinguere tra i nostri nemici personali. Non tutte le persone nemiche rientrano in questo comandamento dell’amore per il nemico. ’ Signore stesso qui ci ha dato due buoni esempi. Mentre i soldati romani lo crocifiggevano, aveva chiesto al Padre di perdonarli perché non sapevano cosa stessero facendo.

«Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno».

Luca 23,33 Quando furono giunti al luogo detto «il Teschio», vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. 23,34 Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Poi divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Luca 23,33-34;


Chi conosce il contesto biblico, sa che i romani non erano i veri nemici del Signore. I veri nemici erano gli scribi ebrei che lo consegnarono ai romani facendolo morire sulla croce. E nei confronti degli ebrei – i suoi veri nemici, ai quali aveva annunciato il Vangelo dimostrando con i suoi miracoli di essere il Figlio di Dio e che ciononostante o proprio per questo lo hanno perseguitato e imprigionato e condannato, e che quindi sapevano perfettamente quello che facevano – il Signore si mostrò molto meno misericordioso, come possiamo vedere dai seguenti passaggi biblici.

Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro.

Giov 8,43 Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola. 8,44 Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna. Giov 8,43-44;

Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura?

Mat 3,7 Ma vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura? Mat 3, 7;

Razza di vipere, come potete dir cose buone, essendo malvagi?

Mat 12,34 Razza di vipere, come potete dir cose buone, essendo malvagi? Poiché dall’abbondanza del cuore la bocca parla. 12,35 L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone; e l’uomo malvagio dal suo malvagio tesoro trae cose malvagie. Mat 12,34-35;

Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna?

Mat 23,32 E colmate pure la misura dei vostri padri! 23,33 Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna? Mat 23,32-33;


Da queste dichiarazioni del Signore:

– "chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura?"

– "come scamperete al giudizio della geenna?"

– "Voi siete dal diavolo, che è vostro padre"


non si può certo desumere, con tutta la buona volontà, che Lui abbia amato queste persone.

Questi passaggi biblici confermano innanzitutto l’idea che anche noi dobbiamo conoscere personalmente i nostri nemici per poter valutare correttamente il loro comportamento nei nostri confronti. Inoltre, da questi esempi possiamo notare che secondo le dichiarazioni del Signore i nostri veri nemici non sono quelli che ci infliggono danni materiali e fisici – anche fino alla morte, se necessario – ma tutte le persone che negano il nostro Dio e il nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, e che combattono la nostra fede. Non solo non dobbiamo amare queste persone, ma ci è vietato amarle, perché altrimenti ci renderemmo loro complici.

Poiché nel mondo di oggi la stragrande maggioranza delle persone non ha una fede biblica, questa distinzione è della massima importanza. A maggior ragione se queste persone fanno uso di citazioni bibliche erroneamente interpretate per fuorviare i credenti. Tuttavia, di contro qui bisogna anche dire che in ambito cristiano questo amore per il nemico viene continuamente confermato e preteso in teoria, ma in pratica solo pochi si sono seriamente confrontati con questa materia e ancora meno – semmai ce ne siano – ne hanno applicato le piene conseguenze nella loro vita.



Riassunto

Purtroppo viviamo in un’epoca in cui in nome di questo falso "amore per il nemico" sempre più truffatori, con frodi sempre più sofisticate, riescono sempre più frequentemente ad arricchirsi con il denaro duramente guadagnato da imprudenti contemporanei di buona fede. A ciò si aggiunga anche il giovane non disabile mendicante di strada che ci racconta che a casa deve sfamare una moglie e cinque figli, ma che in realtà non ha una famiglia e non ha voglia di lavorare.

Per non parlare delle tante richieste di aiuto da parte di organizzazioni umanitarie operanti nel terzo mondo. Poiché coloro che inviano le richieste di aiuto non svolgono tale attività a titolo onorario o gratuito, dal denaro raccolto dalle donazioni devono innanzitutto essere detratti i loro non trascurabili stipendi e i costi logistici, come l’affitto degli uffici, i costi di trasporto, le tasse, ecc. E come si evince dalle notizie dei media, con ciò che effettivamente arriva nei paesi in via di sviluppo, essendoci pochi controlli, si permette ad amministratori disonesti di riempirsi le tasche e a politici corrotti di riempire i loro conti in Svizzera.

Sulla base delle indicazioni del Signore nella parabola del Buon Samaritano e nel Discorso della Montagna, ne consegue che dobbiamo concedere il nostro aiuto – finanziario o di altro tipo – solo alle seguenti condizioni:

Aiuta chi ha bisogno d’aiuto, colui che incontri sulla tua strada e il cui bisogno hai preventivamente verificato, e non respingere colui che nel bisogno viene da te.



I cristiani devono amare i loro nemici? – 2ª parte La missione cristiana all’estero. / Replik Dr. John Waterfield 00, 2006-01-28 [non ancora disponibile in italiano, leggi in tedesco, leggi in inglese.]

I cristiani devono amare i loro nemici? – 3ª parte La missione cristiana all’estero. / Replik Dr. John Waterfield 00, 2006-01-28